Durante la guerra di successione spagnola (1701-1714), il conte Camillo III Gonzaga per evitare violenze alla popolazione e il saccheggio, si accollò il pagamento della cosiddetta “tangente alemanna”.
La tangente rappresentava il contributo che la Comunità doveva versare al comando dell’esercito imperiale, per il mantenimento delle truppe e degli animali. Come contropartita venivano garantiti i raccolti e il rispetto della popolazione. La tangente annua era assai elevata: lire 42.000 reggiane.
Con questa somma si potevano mantenere circa 40.000 uomini. Il conte Camillo III per recuperare parte della spesa istituì l’imposta fondiaria in ragione di lire 2 per biolca di terreno (mq. 2922,25).
Gli episodi di violenza e saccheggio furono evitati, ma non tutti. Al termine di questo lungo periodo la popolazione era molto povera, sfiduciata e preoccupata per il futuro. Con la morte del giovane Filippo Alfonso (1700-1728) ebbe fine la linea maschile dei Gonzaga e quindi la signoria su Novellara e Bagnolo. La signoria, lo ricordiamo, prese l’avvio nel lontano 1371. Il feudo fu devoluto, per testamento, alla sorella Ricciarda (1698-1768) moglie di Alderano Cybo-Malaspina (1690-1731), duchessa di Massa e Carrara. Questo diritto fu contestato dal cugino Cesare II duca di Guastalla. La controversa fu portata davanti al Consiglio Aulico di Vienna che, immediatamente, sospese l’investitura e mise sotto sequestro tutti i beni dei Gonzaga. Dopo quattro anni e mezzo, il Consiglio Aulico pronunciò la sentenza (18 dicembre 1732). I beni allodiali (cioè quelli acquistati dalla famiglia dopo l’atto di sottomissione all’imperatore) furono restituiti alla duchessa Ricciarda Gonzaga; quelli feudali (cioè quelli esistenti al momento del compimento dell’atto di sottomissione) furono assegnati al duca di Modena, Rinaldo III d’Este, a ristoro delle spese da lui sostenute, nel 1733, nella guerra contro la Francia. Con questa sentenza del Consiglio Aulico, gli estensi diventarono signori di Novellara e Bagnolo. Tra due litiganti, è il caso di dirlo, il terzo gode. La separazione dei beni comportò, per entrambi le parti, una lunga ricerca archivistica e contabile (atti notarili, atti privati, note di spesa per migliorie agli immobili…). La divisione dei beni ebbe compimento il 15 ottobre 1737. Il feudo di Novellara – Bagnolo con le Rocche, il terreno adiacente, alcune case e poderi furono subito incorporati nel ducato estense. I beni allodiali formati dai due casini (di Sotto e di Sopra) con arredi, dipinti e suppellettili e molti poderi, alla contessa Ricciarda Gonzaga. Grande fu il dolore della contessa per la perdita della sovranità sull’antico feudo.
I beni, per successione ereditaria, passarono alla figlia di Ricciarda, Maria Teresa Cybo-Malaspina (1725 – 1790) che andò sposa al duca Ercole III d’Este (1727 – 1803) e successivamente alla sorella Maria Beatrice (1750 – 1829) moglie di Ferdinando arciduca d’Austria e governatore della Lombardia. Il duca Ercole III d’Este non aveva alcuna affezione per i beni dei Gonzaga, infatti, ordinò subito al suo segretario abate Bianchi di iniziare l’opera di convincimento dei membri della Comunità degli Anziani affinché acquistassero la Rocca di Novellara. Il castello di Bagnolo era, parzialmente, distrutto. Propose l’acquisto della Rocca di Novellara per il prezzo di lire 126.000 modenesi (1753). Il prezzo fu giudicato dalla Comunità improponibile, attese le magre disponibilità finanziarie e le condizioni statiche della Rocca. I quattro torrioni posti agli angoli erano cadenti (particolarmente quelli di ponente) e i tetti perdevano acqua da tutte le parti. Il 7 ottobre 1753 il Buongoverno estense, ridimensionando la richiesta, ribassò il prezzo a lire 100.000.
La Comunità, messa alle strette, rispose che l’acquisto era proponibile soltanto dopo una perizia tecnica che, attraverso la misura e stima, ne accertasse il valore di mercato. La perizia fu affidata, di comune accordo, all’architetto reggiano Andrea Tarabusi e al perito novellarese Prospero Siliprandi. I periti presentarono alle parti la perizia in data 17 novembre 1753. Il priore (massaro) convocò una seduta generale il 10 gennaio 1754. Le opinioni che si sono confrontate furono due: i favorevoli e i contrari all’acquisto. Favorevoli furono il conte Vincenzo Zuccardi (priore), Francesco Zuccardi, Natale Anghinolfi, conte Giuseppe Mattioli, Giovanni Asinelli e il Podestà Gian Carlo Peretti; contrari il conte Giuseppe Vezzani, il capitano Giuseppe Vecchi, il conte Camillo Gonzaga, il medico Innocenzo Chiavelli, Filippo Vecchi e Giovanni Ardovini. Ogni gruppo espose le proprie ragioni che qui, per mancanza di spazio, non possiamo riferire nei dettagli.
In estrema sintesi sono emersi due aspetti:
L’impossibilità per la Comunità di pagare il prezzo, anche se fosse stato rateizzato. Il prezzo di stima determinato dai periti era di lire 79.000 modenesi.
Il grave stato di degrado dell’immobile che avrebbe richiesto demolizioni e interventi costosi al tetto.
Messa ai voti, la proposta ottenne cinque fave nere e sei bianche (contrari). Non votò perché non ne aveva diritto, il podestà. La proposta è stata quindi respinta, tuttavia il Consiglio degli Anziani tenendo presente che il duca aveva, praticamente, imposto che si facesse l’acquisto, attesa la perizia richiesta dalle parti, delegò il conte Francesco Zuccardi, il conte Giuseppe Vezzani e il podestà Gian Carlo Peretti (come consultore legale) per la definizione della modalità di pagamento. Accordo, che dopo lunghe trattative, si raggiunse.
L’atto notarile fu redatto dal notaio e Cancelliere Ducale Gian Battista Ferrari di Modena e approvato dalle parti in data 22 agosto 1754. In forza di questo atto la Comunità divenne praticamente proprietaria della Rocca con l’obbligo di lasciare in uso gratuito alla contessa Ricciarda Gonzaga i locali della galleria. Ma la contessa, che tanto amava Novellara, preferì trasferire i dipinti e i mobili nel suo Casino di Sotto. Un numero imprecisato di dipinti e arredi furono donati alla Comunità e alla Collegiata. Circa il pagamento del prezzo la Comunità assunse l’impegno di pagare in perpetuo l’interesse del cinque per cento del debito che il duca aveva di lire 60.300 verso Gian Franco Renzi e di lire 10.700 verso Anna Teresa Renzi (contratto di comodato perpetuo). Queste persone, tutte modenesi, avevano venduto tre poderi al duca. Il prezzo complessivo, superiore al prezzo di stima, comprendeva anche il podere Colombarola e alcune case già dei Gonzaga.
La Comunità degli Anziani acquisì, definitivamente, la proprietà della Rocca dopo la cacciata degli Estensi (1860).
Sergio Ciroldi