
Sotto il sole incandescente del ferragosto, in un anonimo caseggiato di città, con le tapparelle abbassate e in un bagno di sudore, una persona è là, davanti al telefono: c’ è una speranza residua, quella che qualcuno si ricordi di lei e faccia uno squillo. E invece il telefono, il campanello di casa, le stesse vie deserte tacciono. In questa scena vi si riconosce qualcuno: è un anziano o un malato o uno straniero o semplicemente uno che ha perso tutti o è dimenticato da tutti. Nessuno lo chiamerà né oggi né domani. Nessuno avrà un fremito di amore; nessuno gli stenderà una mano per fargli una carezza. E’ una scena che regge uno dei bellissimi racconti di Antonio Debenedetti: un vecchio che ha appena perso sua moglie, in un agosto infuocato, sente il peso insopportabile della solitudine. Immaginare quella scena fa rabbrividire mentre si è in compagnia di altri, nella festa, nel pranzo. Chissà come sarebbe contenta una simile persona se si prendesse in mano il telefono per dire poche parole!
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