LO SPRECO DI UN SIMBOLO: IL PANE

Pane
Gentile direttore, leggevo che secondo studi presentati dalla Coldiretti, ogni giorno nel nostro Paese buttiamo via 13 mila quintali di pane su una produzione totale di 72. 000 q.li prodotti giornalmente. Un’assurdità. con il pane che si spreca ogni giorno si potrebbe riempire lo stadio di Reggio. Una vergogna. Anche se l’effetto della crisi costringe il 45% degli italiani a mangiare il pane avanzato ll giorno prima, il binomio pane sperpero è legato alla grande distribuzione. Infatti quello che rimane dopo la chiusura è tecnicamente un rifiuto per legge, perché ora mille norme impongono insacchettamento, etichettatura, analisi Asl…: Il gioco non vale la candela, nè per chi vorrebbe offrirlo per chi teoricamente vorrebbe consumarlo, come le Associazioni caritatevoli, che, fatti due conti, tra indicazioni di legge sugli alimenti, costi di di furgoni, addetti e carburante, spenderebbero più che acquistarlo fresco. Fa male pensare che tutto questo sia inevitabile, che qualcosa di buono e utile sia considerato un vuoto a perdere; che del pane al macero si parli così poco. Sorprende che nei giorni dell’Expo e dei proclami contro lo spreco alimentare, non arrivi dalle Autorità una proposta concreta per una normativa sul recupero del cibo. Quella del pane nella spazzatura è un’offesa ma l’inerzia politica e i vincoli imposti, lasciano alla buona volontà dei singoli e al mondo del volontariato l’unica strada per limitare uno spreco assurdo. Con l’abbondanza del superfluo abbiamo ridotto il pane a merce avariata, come il cibo che ogni anno buttiamo nelle pattumiere ignorando quanto potrebbe valere il recupero per il fantomatico Pil dimenticando pure che gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà sono 7,6 milioni. E che un pezzo di pane ha ancora un valore, anche se qualche dieta lo sconsiglia.
Cordialità
Paolo Pagliani
yoganato
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NON SPRECARE, NUTRIRE IL PIANETA

Fame-nel-mondoGentile direttore, ogni tanto emerge la realtà dello spreco enorme di cibo che noi “benestanti” produciamo e nel dramma degli “affamati” nel mondo povero. E’ giusto pensarci ancora mentre è in corso l’Expo a Mi con il tema suggestivo “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Non sarà questo – dispendioso e sfarzoso – avvenimento milanese, ad affrontare e a portare soluzioni concrete al problema della fame e allo scandalo dello spreco. I visitatori si dividono in due folle: a chi piace, a chi no, con altrettante ragioni più o meno valide. Pochissimi all’uscita, hanno fatto un pensierino a…nutrire il pianeta. Tutti abbiamo commentato sul cibo con cui ci siamo nutriti e al caro prezzo. Uno scrittore sudamericano afferma che: <<Sembra una beffa crudele che si possa utilizzare una gigantesca fiera del business per discutere della tragedia di un miliardo di esseri umani, di cui sono responsabili i maggiori Paesi presenti all’Expo. E’ un controsenso!>> E un’altro: <<Anche la Expo fa parte del “paradosso dell’ abbondanza”, se obbedisce alla cultura dello spreco e non contribuisce a un modello di sviluppo equo e sostenibile>>. Sono tre i grandi abusi: lo sfruttamento, la rapina, lo spreco. Vari Paesi impoveriti sono ricchi di giacimenti minerari che, con la compiacenza di governi corrotti, vanno in mano a corporazioni straniere che li sfruttano senza lasciare alcun vantaggio alla popolazione locale. Altre multinazionali, con la corruzione si appropriano delle terre fertili, specialmente in Africa e America latina, rapinandole ai legittimi proprietari, costretti a emigrare o a lavorare per pochi centesimi su colture utili ai nuovi padroni. Lo spreco alimentare, invece, è un abuso più diffuso e appartiene a tutti noi, più o meno benestanti; sono milioni di tonnellate di cibo o in miliardi di euro in valore finanziario. Dipende da noi, conferma Papa Francesco, cambiare mentalità, per smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulla vita di chi – vicino o lontano – soffre la fame.
Cordialità
Paolo Pagliani

I VALORI PIÙ IMPORTANTI

imagesGentile direttore, siamo chiamati a scegliere coloro che avranno in mano le sorti politiche del nostro Paese da cui non dipende solo il buongoverno della nostra nazione ma anche il destino dei più poveri, che guardano a noi con speranza nonostante la seria congiuntura attuale. Tutti sentiamo che non si può continuare a vivere sopra le righe come abbiamo fatto negli ultimi decenni; che dobbiamo cambiare il nostro stile di vita, che s’impongono scelte ispirate dalla sobrietà e dalla solidarietà, non solo perché il portafoglio è presto vuoto e perché non è giusto scialare quando molti altri, anche a causa dello sperpero, devono tirare la cinghia. Siccome questa crisi non è solo economica e politica ma riguarda l’uomo e l’umanità, per uscirne è necessario un cambiamento che vada alle radici e rimetta ordine nella scala dei valori che determinano la nostra vita. Certamente non sono il profitto e il guadagno ma la persona umana e la vita insieme, con quei diritti fondamentali che ad essa si riferiscono e che devono essere assicurati a tutti. Occorre ritornare a richiamare i valori veri come l’onestà, la giustizia, alla carità, al senso della misura che abbiamo perduto nell’ubriacatura degli ultimi decenni di benessere.
Ora che abbiamo toccato il fondo, forse sarà più facile capirne l’urgenza. La fantasia non ci manca: vediamo di metterla in funzione riducendo le nostre esigenze per condividere il lavoro con chi altrimenti lo perderebbe del tutto, di non spendere per oggetti di lusso non necessari, di ridurre i consumi, soprattutto dei beni non rinnovabili e magari anche altro. Dovremmo rammentarci che quanto più pretendiamo per noi, tanto meno resta ai poveri più poveri. E’ una questione di stretta giustizia e, in molti casi, anche di vita e di morte.

Cordialità
Paolo Pagliani

LO SPRECO

Caro direttore,
molti scienziati unanimemente, ci avvertono che abbiamo accumulato, con la disinvoltura dei giocatori d’azzardo, un <<debito ambientale>> ormai insostenibile.
Un gigantesco deficit di risorse naturali e ne consumiamo almeno un terzo in più rispetto alla capacità del pianeta di riprodurle; viviamo oltre i limiti e servirebbe una terra di riserva che non esiste. Il nostro stile di vita è basato su un lusso quotidiano che non possiamo permetterci: lo spreco.
Consumiamo, sprechiamo e distruggiamo.
Fino a modificare i connotati del mondo cancellando interi fotogrammi del paesaggio e delle specie animali. Ad esempio stanno scomparendo le api, insetti preziosi per l’impollinazioni e bioindicatori, il cui sterminio, segnala che qualcosa di grave non funziona nel sistema ecologico. Molti pesci d’acqua dolce sono a rischio estinzione tranne il cavedano ma altri come il salmone sono scomparsi.  L’inquinamento e l’effetto serra non reggono i nostri consumi di risorse naturali, stiamo assistendo sconfortati alla sparizione di ghiacciai, di foreste, di grandi fiumi e bisogna considerare a rischio il 16% degli uccelli del pianeta e il 26% dei mammiferi. Gli scienziati con le loro previsioni e statistiche, si dividono in apocalittici e ottimistici ma su un punto non trovano contrasti: l’uomo contemporaneo è finito a grandi passi nella trappola energetica dove il petrolio, carbone e gas valgono il 75% dell’ energia. Troppo. Scarichiamo l’acqua del water in continuazione, (70 lt. al dì), consegniamo le chiavi per lavare l’automobile. 300 litri a lavaggio con una rincorsa ossessiva alla pulizia del parco vetture. E non ci sfiora neanche per un secondo il dubbio che questi sprechi sono eco-incompatibili con il 40% della popolazione dell’Africa sub-sahariana condannata a vivere senza l’acqua potabile.

Cordialmente
Paolo Pagliani
Novellara

SPRECHI COLOSSALI

Caro direttore,
lo spreco del denaro pubblico di cui tanto si parla vale a dire spese milionarie ed efficienza zero, è diventato un costume nazionale, un abito su misura che abili e spregiudicati sarti hanno cucito con risultati paradossali. Leggevo, ad esempio, che il parco delle auto blu, in dotazione alla Pubblica Amministrazione, messe in file in una ipotetica autostrada, coprirebbero 2756 chilometri, percorso che dista da Roma a Lisbona! Ma non basta. Le 547.215 vetture assegnate d’ufficio a politici, amministratori e dirigenti pubblici, messe in ordine, occupano un parcheggio pari all’intera isola di Ponza e per produrle una fabbrica come l’Alfa di Pomigliano, doverebbe lavorare ininterrottamente per quattro anni. Per rifornirle servono 3,2 miliardi di litri di benzina all’anno e per guidarle, l’organico degli autisti in servizio, corrisponde al numero degli abitanti di Torino. Totale: 19,74 miliardi di euro, una Finanziaria, uno spreco che non ha confronti nel mondo!! I sarti dello spreco hanno fatto il loro lavoro indisturbati, anche perché siamo rimasti in silenzio sconfinando nella complicità; iniziamo solo ora a vigilare ed a ribellarci al destino dell’Italia sprecona. Altrimenti sara l’Unione Europea che ci terrà “sotto osservazione” e ci obbligherà ad una nuova forma di cittadinanza e ad una cultura diversa.

Un cordiale saluto
Paolo Pagliani
Novellara

SPRECO E SOBRIETA’

Caro direttore,
se lo spreco di cibo appare particolarmente ripugnante anche a chi non ha un alto senso morale, in considerazione del fatto che milioni di persone all’anno muoiono letteralmente di fame e più di un miliardo non riesce a nutrirsi a sufficienza, la situazione non è diversa negli altri settori produttivi. Lo spreco è un marchio, una sorta di sigillo che caratterizza le società fondate sulla crescita del PIL e le distingue da tutte le altre apparse nel corso della storia.
Spreco di energia negli edifici, nei macchinari industriali e negli elettrodomestici, di suolo agricolo, spreco di tessuti confezionati in abiti destinati dalla moda a durare una sola stagione, di materiali elettronici che escono nuovi dalle fabbriche e arrivano già vecchi nei negozi, di carburante in auto fatte per quattro persone che ne trasportano una a passo d’uomo incolonnate in intasamenti sempre più estesi, spreco di risorse naturali e di acqua.
Fino alla metà del secolo scorso la sobrietà era considerata una virtù, la parsimonia e la moderazione regole di vita: <<Il cibo non si spreca. Metti nel piatto quanto pensi mangiare>>, ci dicevano quando eravamo bambini e se qualche volta capitava di non finire tutto, seguiva un benevolo rimbrotto. Dalle statistiche emerge che annualmente vengono buttate nei rifiuti dagli utenti finali, decine di milioni di tonnellate di cibo, dal pane, alla pasta, alla carne. Poiché noi difficilmente mutiamo le nostre abitudini se non costretti a farlo, la recessione (parola invisa ai politici), può costituire l’occasione per un ripensamento profondo dei comportamenti irresponsabili e insensati che ha sconquassato la vita degli abitanti dei Paesi occidentali negli ultimi cinquanta anni. Se guardiamo le fotografie dei paesaggi in cui siamo vissuti e li confrontiamo con quelli in cui viviamo, è meglio chiudere gli occhi. Chi saprà recuperare la saggezza della sobrietà e riscoprirà le conoscenze e le tecniche per ridurre al minimo gli sprechi, riscoprirà modi più soddisfacenti di lavorare e di vivere, di rapportarsi con sé, con gli altri e con i luoghi in cui vive.

Cordialità
Paolo Pagliani
Novellara