IN CHE COSA SPERIAMO

speranz37-aGentile direttore, cosa sperano i prigionieri delle liturgie secolarizzate del nostro tempo, nei centri commerciali, negli outlet, nei supermercati, nei mercatini domenicali? Cosa credono che sia la speranza tutte le donne e gli uomini che ritmano la loro vita con la lingua degli spot, con i giochi, i serial e i gossip televisivi, con la seduta in palestra, in pizzeria, la stagione dei saldi e quella delle emozioni collettive (dalla solidarietà via sms, alle grandi paure per gli attentati e alle grandi fiction o alla programmazione cinematografica e televisiva natalizia…) Per molti la speranza è un’automobile nuova, è la casa, la prima casa, ma anche la seconda casa, una storia d’amore, una serata di sesso, un contratto di lavoro, il lavoro a tempo indeterminato, una promozione, una comparsata televisiva, una vacanza, una crociera, un colpo di fortuna, un grande successo di denaro o di carriera, il nuovo iPod, un nuovo super DVD. E’ per molti una risposta alla disperazione, la risposta al senso del limite, della finitezza, è , come dire, una pretesa della ragione di cercare di intuire il senso della vita oltre l’insensatezza apparente, la ricerca del sentiero per dare una spiegazione al desiderio e ai momenti di felicità, gioia, all’amore, all’amicizia, alla solidarietà. La speranza diffusa di molti noi occidentali è quella di fuggire dall’angoscia, dai grandi interrogativi sulla vita e sulla morte, o dalla precarietà con supplementi di gratificazioni materialistiche ravvicinate, con piccole attese di felicità istantanea. Il nostro è tempo di liofilizzati e di obiettivi differiti, di progetti da costruire, e da condividere. Il vero rischio di oggi è la non speranza. Non crediamoci all’eclissi della speranza.
Cordialità
Paolo Pagliani
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SAPER GUARDARE AVANTI

21storie_carcere_marco__cinque_171Gentile direttore, c’è un vecchio proverbio che dice:<< Sinchè c’è vita c’è speranza>> ma cristianamente potremmo anche dire l’inverso: <<Sinchè c’è speranza c’è vita>>. Vivremo i minuti, le ore e i giorni della nostra vita in modo diverso, se saremo animati dalla speranza. Questa non dipende dal fatto che vi sia pace nel Paese, giustizia nel mondo, successo negli affari. La speranza è disposta a lasciare le domande di cui non si conosce la risposta esattamente così come sono: senza risposta; e il futuro ignoto, esattamente così com’è: ignoto. Nessuno può dire con certezza dove sarà tra dieci o vent’anni. Se saremo liberi o prigionieri, onorati o disprezzati, circondati da amici o soli, amati o respinti. Ma davvero la speranza può cambiarci la vita? Liberarci dal nostro scoraggiamento e dal nostro fatalismo? Per rispondere si potrebbe raccontare la storia di un soldato fatto prigioniero in guerra. Lo deportarono lontano dalla sua terra, strappato ai luoghi amati, privato degli affetti più cari, estraniato da tutto ciò che gli era familiare, si sentiva terribilmente infelice. Non sapendo più nulla da casa, la sua solitudine si fece drammatica. Non sapeva neppure più se la sua famiglia vivesse ancora, che ne fosse del suo Paese. Aveva perduto il senso di qualcosa per cui valesse la pena di vivere. Ma, inaspettatamente ricevette una lettera. Era sporca, consunta ai margini da tanti mesi di viaggio. Ma apertala vi lesse: <<Aspettiamo il tuo ritorno a casa. Qui da noi tutto bene. Non stare in ansia>>. All’istante tutto sembrò diverso. La sua situazione era immutata. Costretto a svolgere lo stesso lavoro, riceveva la stessa misera razione quotidiana, ma ora sapeva che qualcuno attendeva la sua liberazione e il suo ritorno a casa. La speranza aveva cambiato la sua vita. Il paradosso della speranza è che quelli che credono nel domani riescono a vivere meglio l’oggi.
Cordialità
Paolo Pagliani

Dal Perù un messaggio di speranza

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Sono rientrati i giovani che hanno scelto di fare una esperienza estiva missionaria a Pucallpa in Perù, all’interno del  progetto che il Gruppo Missionario di Novellara segue dal 2010.

Un mese, in gruppo, in un Paese Povero, a stretto contatto con la gente del posto. Espresso così potrebbe essere una proposta di trekking di una agenzia turistica. Ma per chi parte la qualità di questa esperienza viene dalle motivazioni che la determinano, dalle specifiche attività che la caratterizzano e dagli scopi che si propone di raggiungere sia per le persone che la compongono che per quelle che si incontrano sul posto.
Sgombriamo il terreno da alcuni equivoci: non sono il partire, l’andare lontano, e neppure il portare soldi o eseguire lavori che, da soli, possono dare la “qualità” di questa iniziativa. La qualità è nel profondo di ognuno dei partenti, è quella della vita di ciascuno e che caratterizza tutte le proprie scelte. Sgombriamo anche il cuore da illusioni romantiche o da presunzioni, legittimate dalla cultura in cui stiamo vivendo.
Chi parte non può considerarsi migliore di altri o più progredito nello sviluppo umano solo perché ha la capacità e la possibilità di pagarsi un viaggio, di trasferire competenze o tecnologia. L’obiettivo deve essere quello  di ricostruire un piano di parità umana perché possa avvenire un dialogo tra fratelli che fanno delle loro diversità una ricchezza da scambiare. “Attorno all’unico tavolo della vita costruiamo la convivialità delle differenze perché tutti abbiano pari opportunità”.
Ed è con queste motivazioni che Davide (Sassuolo), Diletta (Modena), Nunzia e Ilaria (Reggio Emilia) e Gloria (Saronno – VA) sono partiti per il Perù per andare a fare volontariato alla Parroquia san Francisco de Asis a Pucallpa nella Selva Amazzonica, in un progetto che vede impegnato il Gruppo Missionario di Novellara da ormai 5 anni.  Una esperienza  che ha permesso di condividere effettivamente alcuni momenti e alcune dimensioni della vita con il povero, di essere a contatto con una cultura diversa, in atteggiamento di comunione e di scambio di ricchezze, una verifica del quadro di valori a cui si ispirano le scelte di vita di ciascuno. Una esperienza che mira soprattutto alla formazione personale di ciascuno dei partecipanti e che permette ad ognuno, una volta rientrato, di vedere chi gli sta vicino con occhi diversi, impegnandosi per il bene comune e mettendosi al servizio degli altri, perché “ Partire non è divorare chilometri, attraversare i mari e volare a velocità supersoniche. Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro.  Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre, significa avere il fiato di un buon camminatore (H. Camara)”.

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I VIAGGI DELLA SPERANZA

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Gentile direttore, si alza da molte parti, nonostante quelle contrarie che fanno ribrezzo, il grido di dolore per le vittime dei “viaggi della seranza” lungo il Mediterraneo dalle coste nordafricane alle sponde italiane. E’ un’ umanità ferita e umiliata che dovrebbe urlare la propria sofferenza per le morti innocenti, per le vite spezzate, per i sogni infranti di chi fugge dalla guerra e dalla miseria: giovani, donne, anziani, bambini, mamme in gravidanza, senza patria e senza famiglia, cittadini del mondo, affamati di futuro. E’ un esodo biblico che ha raggiunto dimensioni drammatiche e non c’è bisogno di interpreti per cogliere i loro sentimenti, basta guardare i visi emaciati, gli occhi impauriti, il pianto dei bambini, il loro dolore, i sentimenti, le loro attese, i loro sacrifici, le loro ansie: parlano i loro volti. Sono uomini traditi da altri uomini, rifiutati e allontanati, che cercano ospitalità e accoglienza. Abbandonati a se stessi nell’indifferenza di tanti. Ignorati da centri di potere che fanno prevalere l’egoismo del proprio Stato mettendo in campo aride logiche burocratiche nelle quali non c’è posto per i sussulti del cuore. Solo disumanità, espressa da quel triste principio per il quale il problema non è europeo ma della Nazione che accoglie i profughi; un ragionamento che ha dell’incomprensibile. Non è più tollerabile che dalle massime Organizzazioni Internazionali e particolarmente dall’Europa, non vengano attivate misure e iniziative svolte a condividere l’ immane impegno dell’Italia nel governare una vicenda umana complessa e di enormi dimensioni. Occorrerebbe definire forme di lotta alla spregiudicatezza e all’arricchimento illecito degli scafisti regolamentando gli esodi anche attraverso il controllo dell’ efficienza dei mezzi di trasporto che troppo spesso diventano veicoli di morte. Sarebbe inoltre indispensabile favorire lo sviluppo nei Paesi di origine dei migranti, attraverso politiche di cooperazione che comportino aiuti e accompagnamento nei processi di crescita locale.
Cordialità
Paolo Pagliani

LA CHIAVE DELLA SPERANZA

natale001Caro direttore, l’aspetto più preoccupante di questo Natale appena trascorso, aggravato dal crescere della disoccupazione e di chi non riesce ad arrivare a fine mese, è stato il predominare della poca fiducia e dalla mancanza di speranza. Certo, si è mangiato il panettone ma in molti cuori non vi è stata quella gioia che noi tutti immaginavamo collegata a questa Festa. Essere consapevoli di questa “realtà”, dovrebbe renderci particolarmente responsabili – soprattutto se non siamo feriti in modo grave dalla crisi – verso quanti sono nel bisogno. Non è necessario assumere grandi iniziative: basta che, usciti di casa, ci fermiamo a guardare negli occhi, volto contro volto, quelli che soffrono; basta che conoscendo quella particolare famiglia nel bisogno, andiamo a trovarla rendendola prossima. Allora il nostro cuore ci detterà il comportamento, ci ispirerà cosa condividere, cosa gratuitamente donare. Noi uomini e donne non siamo cattivi: siamo distratti, siamo in fuga, abbiamo fretta e non abbiamo il tempo per fermarci. Ci agitiamo come quel calabrone prigioniero (E. Flaiano) in una stanza, tentando di evadere con l’illusione, con la superficialità, coi narcotici del piacere, del potere, del successo ma alla fine rimarrà imprigionato. Eppure non dobbiamo rassegnarci: le porte del carcere possono essere aperte con la ragione e la fede e il cielo dello spirito può aprirsi ancora davanti a noi, anche se dopo una faticosa lotta dalla quale si esce ammaccati ma vivi. A differenza del calabrone, noi siamo infatti in grado di aprire nella vita – come dice un aforisma orientale – << almeno una finestrella attraverso la chiave della speranza>>. Auguri di un anno sereno.
 Cordialità
Paolo Pagliani
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Uguali_Diversi: CULTIVAR

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Un percorso di incontro, dialogo e formazione di 9 mesi con la comunità locale, da luglio a febbraio, affrontando il più difficile e indispensabile dei temi del presente: incertezza- giovani – lavoro.

Che cosa facciamo per generare
lavoro in questo territorio?

 Quest’anno il festival culturale Uguali_Diversi si inserisce nel progetto Cultivar che nasce da una riflessione avviata da tempo sulla domanda: “che cosa facciamo per generare lavoro in questo territorio?

Cultivar sono le risorse, da individuare e scegliere insieme alla comunità locale, per costruire un buon progetto che genera opportunità di lavoro nel territorio. Con i giovani.

La soluzione non è facile. Il progetto si pone nell’ottica di creare una visione di orizzonti più larghi e più lunghi, partendo dal far emergere le energie nascoste nei giovani di diverse nazionalità, per aprire la strada a nuove opportunità con coraggio e audacia, per crescere insieme nel cambiamento.

Questo percorso si articola in tre tappe:

1.CULTIVAR: 4 ricercatori incontrano 100 teste pensanti nel Novellarese (luglio – settembre)

Che cosa cercano? Idee da sviluppare nel territorio, tensioni e speranza dirompenti da coltivare e mettere in relazione, le esperienze di start up, le domande chiave a cui tentare risposte, le ragioni dell’incertezza, i potenziali investitori con cui discutere di opportunità.

Attraverso la metodologia outreach (Sclavi – Gordon) si individueranno le questioni rilevanti, le storie modello e le domande.

2.Festival Uguali_Diversi: Fondata sul Lavoro?

Continuerà la riflessione su queste tematiche con il Festival che ci aiuterà a porci correttamente le domande. Tutto il festival è infatti ispirato dal principio di aprire vie per un nuovo mondo e riposizionare l’uomo al centro, in un grande impegno collettivo nato nel tempo dell’incertezza

3.CULTIVAR: corso di formazione e Agorà delle opportunità, nero su bianco, si passa all’azione ( ottobre 2013- marzo 2014)

Durante il festival si accettano candidature  per un percorso formativo destinato a 15 giovani, con motivazione, atteggiamento da “Dreamer”, voglia di mettersi in gioco e passione per il proprio territorio. Ci saranno 2 Extra Laboratori aperto a chiunque vorrà partecipare.

La conclusione prevede un meeting finale capace di coinvolgere tutte le persone incontrate e di cercare una risposta concreta alle domande su cui si è riflettuto.

Tutto ciò che si progetta diventa instant book.

All’interno del festival saranno proposti dei laboratori e delle esposizioni in cui saranno presenti le idee già scaturite.

Laboratorio dell’ottimismo per naviganti

20 sedie in cerchio, 1 disegno che prende forma man mano, 50 minuti creativi.

esperienze per mettersi in gioco, alla ricerca di rotte e sguardi differenti sulla realtà in cui viviamo

… le parole chiave: ottimismo, semplicità e leggerezza …

guidati da Andrea Allione proverete i metodi attivi che alcune aziende innovative impiegano con successo  per rigenerare energie e creatività  in tempo di crisi.

durante il laboratorio le parole prenderanno forma in un disegno.

… dedicato a chi ha, e ha chi sta cercando, una risorsa da mettere in gioco per il domani …

a cura di DIKE con la guida di Andrea Allione (formatore/dreamer) e i disegni di Monica Mazzucco (illustratrice/dreamer), con la partecipazione straordinaria di alcuni ospiti … 

domenica 22 settembre dalle ore 15.30 alle 17 e dalle 17.30 alle 19 presso il loggiato nella rocca.

Showreel
5 minuti a testa, 2 monitor per 100 punti di vista,1 video-messaggio.
Le buone idee in tempo di crisi ci fanno bene, ma come si creano? Fanno parte di un patrimonio genetico che alcuni hanno e altri no? Sono scoperte casuali? O sono intuizioni da coltivare?
Ci raccontano la loro storia 12 giovani capitani coraggiosi (start upper, maker, dreamer e social innovator) che stanno realizzando i loro sogni d’impresa basati su passione, cultura, qualità e innovazione. Lo showreel è uno spettacolo passerella. Sul palco si   presentano 12 nuove esperienze di lavoro. Le buone idee raccontate dai loro ideatori. Abbiamo scoperto queste persone attraverso una ricerca che ha coinvolto 100 cittadini dell’area novellarese  e reggiana. Andrea e Carlo terranno il tempo e sui monitor scorreranno nuove visioni e punti di vista.

Sul palco il gruppo DIKE: Andrea Allione (formatore/dreamer) e Carlo Turco (giornalista/dreamer). Dietro le quinte Sara Carneri (ricercatrice/dreamer) e Monica Mazzucco (illustratrice/dreamer). 

sabato 21 settembre dalle 17.30 alle 20.00 presso il Cortile della Rocca di Novellara.

Muro di parole
Chi ha una risorsa da mettere in gioco?
IL MURO DI PAROLE è LA MOSTRA DELLE IDEE DI 100 NOVELLARESI INTERVISTATI DA 4 RICERCATORI/FORMATORI/GIORNALISTI NELL’AMBITO DEL PROGETTO CULTIVAR:

… LAVORO, INCERTEZZA E GIOVANI NEL PROPRIO TERRITORIO: SENTIMENTI E  RISENTIMENTI, NOVITà E CALMA PIATTA, RISORSE E TRANELLI, SOGNI, SPERANZE E FATTI VERAMENTE ACCADUTI …

 sabato 21 e domenica 22 settembre 2013 dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00 presso i portici di piazza unità d’Italia novellara 

Per maggiori informazioni www.ugualidiversi.org

A FERRAGOSTO

images (1)Sotto il sole incandescente del ferragosto, in un anonimo caseggiato di città, con le tapparelle abbassate e in un bagno di sudore, una persona è là, davanti al telefono: c’ è una speranza residua, quella che qualcuno si ricordi di lei e faccia uno squillo. E invece il telefono, il campanello di casa, le stesse vie deserte tacciono. In questa scena vi si riconosce qualcuno: è un anziano o un malato o uno straniero o semplicemente uno che ha perso tutti o è dimenticato da tutti. Nessuno lo chiamerà né oggi né domani. Nessuno avrà un fremito di amore; nessuno gli stenderà una mano per fargli una carezza. E’ una scena che regge uno dei bellissimi racconti di Antonio Debenedetti: un vecchio che ha appena perso sua moglie, in un agosto infuocato, sente il peso insopportabile della solitudine. Immaginare quella scena fa rabbrividire mentre si è in compagnia di altri, nella festa, nel pranzo. Chissà come sarebbe contenta una simile persona se si prendesse in mano il telefono per dire poche parole!