Gentile direttore, se si considerano gli effetti devastanti dell’attuale congiuntura, la posta in gioco è alta se viviamo la “missione” con passione a fianco degli ultimi. Basti pensare alla persistente dissennatezza dei poteri che hanno fin qui governato le sorti economiche e politiche del mondo. Per non parlare dello sconquasso valoriale derivante da una concezione fortemente materialistica dell’esistenza umana o dalle derive di certi fondamentalismi che s’impongono con violenza sul palcoscenico della Storia. In questa baraonda è sempre più difficile cogliere la linea di demarcazione tra Bene e Male; si avverte l’esigenza di un nuovo umanesimo. Un grande religioso affermava che: <<Vedete, noi credenti ma anche non-credenti, non abbiamo più i segni del potere>>. Nel senso che se noi potessimo davvero risolvere tutti i problemi dei disoccupati, dei drogati, dei migranti, i problemi di tutta questa povera gente, allora, sì, avremmo <<i segni del potere>> sulle spalle. <<Però c’è rimasto – continuava l’ecclesiastico – il potere dei segni, il potere di collocare dei segni sulla strada a scorrimento veloce della società contemporanea, collocare dei segni vedendo i quali, la gente deve capire verso quali traguardi stiamo andando e se non è il caso di fare qualche inversione di marcia>>. Ricordo allora il celebre detto del poeta messicano Salvador Diaz Miròn: <<Sappiatelo, sovrani e vassalli, eminenze e mendicanti: nessuno avrà diritto al superfluo, finchè uno solo mancherà del necessario>>.
Cordialità