Siamo ad un passaggio estremamente difficile e complesso per il nostro Paese.
La crisi economica continua e non ci sono segnali sufficientemente incoraggianti di ripresa. In Europa emerge sempre più una battaglia dura tra chi vuol continuare politiche di rigore e austerità che hanno già dimostrato il loro fallimento e chi vuole cambiare sia le politiche monetarie, come sta facendo la BCE con la presenza di forti opposizioni, che quelle economiche e fiscali, per rafforzare gli investimenti europei e gli interventi per la crescita e l’occupazione. La legge di stabilità ha fatto il giro di boa, approvata alla Camera, con modifiche migliorative, ed ora all’esame del Senato. Si lavora per mantenere l’impianto che riduce le tasse su lavoro e imprese e contemporaneamente per rendere meno dura la manovra su Regioni e Province, come si è fatto alla Camera per i Comuni. Procede il treno delle riforme, ma certamente con problemi e anche scontri. La delega fiscale sta vedendo i primi decreti legislativi di attuazione, mentre entro la fine dell’anno dovrebbero essere approvati quelli più importanti sul lavoro, a seguito della definitiva approvazione della legge delega. Il cantiere riforma della giustizia vede la conclusione per il decreto legge sulla giustizia civile e per l’autoriciclaggio, ma molto resta da fare. Così come per la pubblica amministrazione e la scuola. Sta per essere superato il patto di stabilità per le Regioni e fortemente allentato quello per gli enti locali, ma in un quadro finanziario di gravi difficoltà per questi enti.
Riforma costituzionale (Senato e Titolo V) e riforma elettorale dovrebbero vedere il secondo passo entrambe entro gennaio, per poi continuare velocemente verso l’approvazione definitiva. Non sono però pochi e di scarso peso i nodi da affrontare.
Mentre si profilano a breve termine le dimissioni del Presidente della Repubblica, la tenuta delle istituzioni e del sistema democratico si indebolisce.
Mafia capitale getta un forte discredito sulla politica e anche il PD deve fare la sua parte di pulizia. L’astensionismo alle regionali in Emilia Romagna è allarmante. Vi è un mix di cause, da quelle regionali, tra cui l’inadeguata gestione politica dalle dimissioni di Errani alle primarie e le indagini sui rimborsi, a quelle nazionali, relative a scontri politici su temi molto rilevanti come quelli del lavoro.
Siamo in sostanza vicini a traguardi importanti per interventi riformisti, di cui sono convinto che il Paese abbia bisogno, e contemporaneamente ancora nel pieno della crisi di fiducia e di credibilità della politica e delle istituzioni democratiche.
Può degenerare tutto e far incancrenire la crisi di sistema, con rischi enormi per il Paese, o possiamo determinare le condizioni per una svolta.
Molto dipende dal PD, per il ruolo di governo che ha sul piano nazionale, di tante regioni ed enti locali. Per farcela c’è bisogno di unità. L’unità si ottiene se c’è uno sforzo da tutte le parti per cercare soluzioni che tengano conto di punti di vista diversi, presenti non solo nel gruppo dirigente, ma nel Paese.
Dall’Emilia Romagna è venuto un segnale che va colto. Il PD è legittimato a governare, ma deve ascoltare di più il Paese e ricercare il dialogo con le forze sociali.
Una grave responsabilità pesa su tutto il gruppo dirigente del PD, perché se non ce la fa il PD a cambiare l’Italia e ad avviare il percorso di uscita dalla crisi economica e politica, non ce la fa nessuno e il Paese rischia l’ingovernabilità, la decadenza e la tenuta della democrazia.
On. Maino Marchi