PRODUTTIVITÀ’ E DEMOGRAFIA IN RITARDO

PilGentile direttore, i dati del PIL del primo trimestre conferma la fase di ripresa dell’economia italiana ma anche l’incapacità di tenere il passo dell’ economia europea, che da anni cresce ad un ritmo ben più sostenuto (0,8% contro l’1,7%). E’ appurato che non è la politica monetaria un fattore discriminante di questo divario anzi tende a favorire i Paesi ad alto debito quindi non è l’austerità impostaci, come spesso si sente dire, a farci crescere di meno. I motivi, a mio avviso, sono di natura strutturale e richiedono seri rimedi. Il primo, più noto, riguarda la produttività, in particolare del lavoro – ossia quanti beni e servizi vengono prodotti in media da un addetto. Negli ultimi due anni la media nell’area euro è aumentata dello 0,6% mentre in Italia dopo un calo nel 2015 si prevede per quest’anno una crescita dello 0,2%. Gli analisti confermano che questo ristagno accumulato in diversi settori, sia da addebitare  al basso livello di istruzione dei nostri giovani, dalle scarse conoscenze linguistiche e delle materie scientifiche, dalla formazione professionale limitata, dalla bassa diffusione di Internet e scarsa conoscenza di tecnologie informatiche, dal tasso limitato di investimenti in ricerca e sviluppo, dalla dimensione delle aziende, dalla corruzione e dalla mancanza di meritocrazia nelle selezioni del personale. Sono stati fatti passi avanti ma siamo nel gruppo di coda in quanto la produttività non sembra essere una priorità per il Paese vedasi il fallimento del negoziato tra le parti sociali. Un secondo fattore meno discusso ma sempre più importante nelle economie più avanzate, riguarda la demografia. Non è pensabile conseguire una crescita sostenibile con una popolazione costante o in calo, soprattutto quando la produttività produce oggi meno beni di quindici anni anni fa. Altri paesi sono riusciti a invertire la tendenza come la Germania, con interventi mirati a incentivare la natalità e a favorire l’immigrazione di giovani facilmente inseribili nel mercato del lavoro. Siamo in ritardo anche su questo settore essendo penalizzante una politica di immigrazione di tipo difensivo, mirata a contenere i flussi e attuata in modo indiscriminato, anche nei confronti di chi vuole venire a studiare in Italia, vedendosi costretto ad attese estenuanti per un visto che gli viene negato senza motivi. E’ ancor più dannosa una politica di accoglienza basata principalmente sull’assistenzialismo piuttosto che sulla responsabilizzazione e misure attive sul mercato del lavoro. A pagare i costi di questo ritardo sono, in fin dei conti, i contribuenti italiani.
Cordialità
Paolo Pagliani
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