pericolosità
L’AZZARDO NON CHIAMIAMOLO GIOCO
Caro direttore, gli studi condotti in diverse parti del mondo ribadiscono l’accresciuta pericolosità del nuovo gioco d’azzardo che genera terribili dipendenze compulsive.
Sono state indicate tre variabili principali che sembrano aver contribuito all’aumento del “gioco” tra le fasce adulte e giovanili: la crescente liberalizzazione e maggiore tolleranza nonché l’incoraggiamento verso questa pratica percepita come innocua; la ritardata consapevolezza del problema e la scarsa attenzione ai programmi per pervenire ad una coscienza collettiva sui problemi correlati. Il fenomeno, inoltre, lo si conosce poco, né gode di prevenzione o cura sporadica riabilitativa. La fiducia nella fortuna è una caratteristica arcaica dell’ uomo e l’azzardo è una gara in cui si cerca di vincere non l’avversario ma il proprio destino. Si evidenziano alcuni fattori di rischio sugli adolescenti (13-14 anni) come l’inesperienza, il desiderio di sconfiggere la noia, il piacere di facili ricompense, le gratificazioni economiche immediate. Il gioco d’azzardo patologico rimane ancora oggi nell’immaginario sociale un fenomeno più associato al “vizio” o alla “cattiva volontà” che non al grave problema. E’ una dipendenza, in parte ancora “sommersa” quindi un qualcosa di sottostimato, non riconosciuto come malattia; certi genitori si crede siano inconsapevoli di quel che accade ai figli. La stessa parola “gioco” li tranquillizza. Occorre promuovere azioni d’informazione attraverso i mass-media sui rischi della ludopatia, informare le famiglie su questa gravissima forma di dipendenza, ottenere una diagnosi precoce del problema per poi accedere alla cura. Sarebbe opportuno vigilare sul tipo di gioco che i ragazzi intraprendono sapendo che quelli in cui ci sono di mezzo i soldi, sono trappole da evitare e che spesso sono gli adulti i cattivi maestri.
Cordialità
Paolo Pagliani