Mentre appare assodato che non possiamo portare tutti gli abitanti del pianeta al livello di vita di noi occidentali, è altrettanto certo che i poveri della Terra devono uscire dalla miseria in cui sono stati scaraventati. Essi hanno il diritto di mangiare di più, vestirsi di più, curarsi di più, studiare di più e avere scarpe di più di quante ne abbiano. Ma potranno farlo solo se i benestanti accetteranno di consumare di meno. Apparentemente, la sobrietà è solo una questione di stile di vita e volendo usare una metafora, potremmo dire che il mondo è come se fosse abitato da pochi grassoni, che convivono con un esercito di scheletrici. L’obesità è l’emblema del consumismo a buon mercato che si scontra con la povertà, sintesi perfetta di quattro privazioni: mancanza di istruzione, di senso critico, di dignità e mancanza di denaro. Sobrietà non significa ritorno alla candela ma significa eliminare gli eccessi e rimodellare il nostro modo di produrre, consumare e organizzare la società; siamo però così abituati all’abbondanza che solo l’idea di vivere diversamente, ci spaventa. Non solo per i cambiamenti nello stile di vita personale ma ci spaventa pure per i suoi risvolti sociali, perché se produciamo di meno e con minori guadagni, chi fornirà allo stato i soldi per garantirci istruzione, sanità, viabilità, trasporti? Ma si potrà vivere bene con meno garantendo i bisogni fondamentali per tutti? E’ possibile se sapremo mettere in atto quattro rivoluzioni: la rivoluzione degli stili di vita, della produzione e della tecnologia, la rivoluzione del lavoro e quella dell’economia pubblica. Queste sono le nostre sfide.
Cordialità
Paolo Pagliani
Novellara