L’INFERNO DELL’AZZARDO

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Gentile direttore, il gioco d’azzardo patologico, detto anche “gap”, è ormai un’ emergenza sociale in quanto coinvolge circa 900 mila italiani. Ci si chiede come mai sia possibile che le famiglie non si accorgano di ciò che sta accadendo nel cervello dei loro cari. E’ possibile vien risposto, perché il “gap” non è un vizio, è una malattia. E i malati d’azzardo diventano bugiardi eccezionali, per loro non esistono più famiglia lavoro, amici affetti, l’unico ossessivo pensiero è correre alle macchinette e giocarsi fino all’ultimo soldo, anche lo stipendio e la casa o vittime dello strozzinaggio. Solo così si spiega ad esempio la follia dell’uomo che giorni fa ha assassinato una tabaccaia di Asti con decine di coltellate:<<Padre di una ragazzina disabile, aveva perso 10 mila euro che servivano per assisterla, così aveva tentato una rapina…>>. L’azzardo come l’alcol e la droga dunque. Con l’aggravante che questa volta lo spacciatore è lo Stato: più cittadini si ammalano, più soldi entrano nelle casse dell’Erario. Peccato che a conti fatti non sia così, perché sulla stratosferica cifra di 90 miliardi bruciati con slot e gratta e vinci, per lo Stato gli incassi sono scesi a 7 miliardi soltanto. Che oltre tutto vanno in fumo, perché curare quasi un milione di cittadini ridotti alla dipendenza non è uno scherzo e i costi sociali e sanitari del “gap” ammontano a oltre 6 miliardi. Eppure la percezione sociale dell’azzardo come piaga sociale non è ancora abbastanza evidente:<<Molta gente pensa ancora che basti evitare i casinò. Invece oggigiorno è il gioco che viene a cercare il cittadino, lo aspetta sottocasa, nei bar, alla Posta, nei supermercati. Il 2% di chi si lascia tentare resta invischiato ed entra nel numero dei 900 mila malati gravi>>. Complice delle “dieci sorelle”, le grandi concessionarie che gestiscono Azzardopoli, è il silenzio di gran parte dei media, resi docili dai proventi delle pubblicità (ingannevoli) che promettono vincite (inesistenti). Va un plauso a quei baristi virtuosi che scelgono di buttar fuori le slot rinunciando a facili guadagni pur di non macchiarsi di questa trasgressione.
Cordialità
Paolo Pagliani
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LETTERA DI UNA FIGLIA A UN PADRE ALCOLISTA

Ciao papà. Come stai? E’ da un po’ che non parliamo, da sempre. E allora te lo richiedo: come stai? Sai, io sto bene. Sì anch’ io ho i miei alti e bassi con la scuola ma del resto sto bene. Ti interessa? Vuoi sapere come sto? Eppure non me lo chiedi mai…Forse non ti interessa. Forse io sono troppo noiosa, sono una ragazzina come tutte le altre. Tu per me resti sempre l’ unico. A me interessa sapere come stai. Sapere come ti sta andando la vita. So che non ci sei mai e di questo ne risento e anche se non ci parliamo, non avendo quel rapporto tra padre e figlia di 15 anni, io ti amo lo stesso. E ripeto: tu per me sei l’ unico. Lo so che hai il problema dell’ alcolismo e questo probabilmente è la causa principale del silenzio che c’ è tra noi ma, a me non importa neanche questo. Solo grazie ad Associazioni come A.A. ho saputo superare certi periodi difficili scoppiando a piangere raccontando tutti i miei dolori in mezzo a loro. Mi piace andare alle riunioni di Alcolisti Anonimi e ogni volta mi vieni in mente tu. Ogni volta che li sento parlare, mi si riaccende la speranza e allora dico: “se ce l’ hanno fatta loro, ce la può benissimo fare anche lui”. Ho capito babbo che non è mai troppo tardi per cominciare a vivere. Se pensi di odiare la tua vita e riesci a stare bene solo bevendo, chiedi aiuto a loro. Non ci sono altre persone che sanno cosa vuol dire avere paura di parlare o ad amare per colpa di una bottiglia. Ricordati che anche loro pensavano che i Gruppi sarebbero stati qualcosa di inutile e ridicolo ma poi sono arrivati ad un punto della loro vita in cui non potevano farcela più e così hanno fatto quel passo che pure tu hai provato a fare 16 anni anni fa, per poi lasciarlo da sei anni. Quindi la scelta è tua papà. Ricorda, io ti vorrò sempre bene qualunque cosa tu deciderai di fare, rammentati che il tempo intanto scorre ed io sono ora un’ adolescente. Io ora sono qui ma fra pochi anni sarò una donna e dovrò anch’ io pensare alla mia vita. Quindi se hai da parlarmi, parlami; se hai da sfogarti, sfogati; se hai da baciarmi, baciami; se hai da abbracciarmi, abbracciami…Ma fallo ora perché ho paura che il tempo passi veloce e che mi porti via gli anni migliori senza di te. Se non ci sei tu, non c’ è una parte di me e così non posso diventare quella donna completa, in tutto e per tutto, capace di spiccare il volo verso quella vita senza di te e mamma. Quella vita in cui dovrò pensare alla mia famiglia e ai miei figli. Sono stata fortunata perché dopo averla letta lui, è venuto ad abbracciarmi e a baciarmi. Dopo quel suo gesto ho capito che “mi voleva bene” quanto io amavo lui. Avevo compreso quanto stava male per questa sua malattia e di quanto me lo faceva odiare. Io non smetterò mai di ringraziare le amiche e altri che mi hanno fatto scoprire me stessa, con i miei pregi e i miei difetti e, mi sta facendo crescere con una speranza in più.
In questa lettera mi sono sfogata e gli ho scritto tutte quelle cose che mi sono sempre tenuta dentro e che non ero mai riuscita a dirgli in faccia.

L’alcol è un problema?
Alcolisti Anonimi
forse può aiutarti!

Gruppi di Reggio Emilia e provincia
tel. 346.303.70.00

AF-cuore

“Il ruolo dell’alimentazione in oncologia” a Novellara

il PorticoIn occasione di Ottobre Rosa, il mese internazionale della prevenzione del tumore al seno, l’associazione per la prevenzione dei tumori al seno di Guastalla e i commercianti di “Novellara Viva” invitano alla conferenza “Il ruolo dell’alimentazione in oncologia” in Sala del Consiglio alle ore 20.30.
La conferenza, che gode del patrocinio dell’amministrazione comunale sarà a cura della dottoressa Laura Scaltriti, responsabile DHO di Guastalla dell’Ausl di Reggio Emilia che informerà il pubblico, non solo sugli alimenti adeguati per affrontare la malattia, ma più in generale su tutti i cibi virtuosi per la salute.

Testata www Novellara viva

PICCO INFLUENZA 2014 !!!

malato001Salve, in questi giorni sta iniziando il picco dei virus influenzali (sono tre i virus interessati), con tanti bambini che vedo in ambulatorio con febbre elevata da diversi giorni. Questo picco probabilmente durerà ancora 30-40 giorni.

In sintesi i sintomi sono quelli di febbre anche alta,  e tosse, spesso con raffreddore. Nei primi 2-3 giorni serve solo dare degli antipiretici, tipo la tachipirina o il nurofen, in caso di febbre elevata o malessere. Se la febbre persiste oltre i 2-3 giorni, o se peggiorano le condizioni generali, è utile una visita pediatrica.

vi allego del materiale utile su come affrontare inizialmente l’influenza.

– In allegato trovate il file pdf su come iniziare a trattare l’influenza. influenza

A questo link trovate un bel video del Prof. Zuccotti (primario del Sacco di Milano), con consigli utili (quali farmaci dare, quando chiamare il medico, ecc…):

http://www.deabyday.tv/genitori-e-bambini/video/350/Guida-alle-malattie-del-bambino–l-influenza.html

– vi invio anche il link alla pagina del mio sito:

http://www.pediatracantoni.com/page4/page9/influenza.html

Al minimo dubbio, o se non vi è chiaro qualcosa, contattatemi.

ciao
Sandro Cantoni

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…BEVEVO DI TUTTO

file1303827035_11Sono Marina ho 41 anni e sono madre di tre figli di 22, 19 e 16 anni. Ho avuto una vita orribile da quando tanti anni fa, ho incominciato a bere. Ora sono sobria da sei mesi perché Claudio mi ha aiutato come un fratello. Non so da dove iniziare: sono stata ricoverata tante volte in clinica, ho tentato il suicidio con barbiturici e buttandomi persino dal balcone del quarto piano che mi provocò quattro giorni di coma, frattura del bacino ed altre cose; tentai pure di tagliarmi le vene. In famiglia nessuno mi voleva più. E io volevo solo bere. Bevevo di tutto ma soprattutto birra. Suo figlio Carlo, diplomato senza lavoro testimonia così: <<Abbiamo provato ogni cosa per salvarla. La chiudevamo in casa, la legavamo, le toglievamo i soldi, la imbottivamo di psicofarmaci: tutto inutilmente. Mia madre aveva bisogno solo della bottiglia per rimanere in piedi. Abbiamo girato parecchie cliniche di mezza Italia. La disperazione era giunta al punto di odiarla e preferire una mamma morta anziché alcolista. Dopo aver tentato ogni via, un giorno venne Achille membro di Alcolisti Anonimi: lo accogliemmo solo per spirito umanitario: come poteva curare un malato un’ altra malata? Quando Achille se ne andò per giunta mia madre si scolò una bottiglia. Poi non so cosa sia successo ma tutto è cambiato anche la mia vita. Perché in fondo io ero un alcolista che non beveva: complessato, in isolamento, con un profondo senso di vergogna di tutti. Allora pensavo che mia madre fosse una disgraziata, una viziata, che non aveva non dico rispetto per suo marito ma affetto per noi figli. Ora sembra un miracolo, e ho capito che se mia madre è alcolista non è tutta colpa sua>>.

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IO SONO L’ ALCOLISMO

satanaIo sono la tua malattia. Io odio qualsiasi Potere Superiore come uno lo concepisce. Io odio chiunque abbia un Programma.
A tutti coloro che vengono in mio contatto, io auguro la morte e la sofferenza.
Permettimi di presentarmi: Io sono l’alcolismo.
Io sono furbo, sconcertante e potente. Io ho ucciso milioni di persone e ne sono contento.
Io amo sorprendere, stupire. Io adoro spacciarmi per amico ed amante.
Non è forse vero che ti ho dato piacere?
Io adoro farti male. Io amo farti piangere. Ancor di più amo stordirti a tal punto da non farti più né piangere né soffrire.
Non puoi più provare nulla. Questa è vera gloria.
Io ti darò una fugace gratificazione in cambio di una lunga sofferenza.
Ero sempre a tua disposizione. Mi hai chiesto di far parte della tua vita quando le cose ti andavano bene. Quando dicevi che non meritavi quelle cose io ero l’unico a darti ragione.
Insieme siamo stati capaci di distruggere tutte le cose belle della tua vita.
La gente mi sottovaluta. Loro prendono seriamente gli infarti, i colpi apoplettici e il diabete, sono dei superficiali.
Loro non sanno che senza il mio aiuto queste malattie non sarebbero così gravi.
Io sono una malattia veramente odiata. Non arrivo senza essere invitato. Tu scegli di avermi.
Moltissimi mi hanno preferito al benessere e alla tranquillità.
Io odio tutti coloro che hanno un Programma di dodici passi (es. gli A.A.)
Odio le vostre riunioni, il vostro Potere Superiore.
Tutto questo mi sfinisce tanto da non farmi funzionare com’è mia abitudine.
Ora debbo acquietarmi. Non mi vedete ma sto crescendo, più grande che mai. Quando solo esisti, io posso vivere. Quando vivi, io solo esisto. Ma sono qua…
Insieme ci incontreremo, se c’incontreremo di nuovo ti auguro sofferenza e morte cosicché io possa vivere.

Anonimo

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L’AZZARDO NON CHIAMIAMOLO GIOCO

Caro direttore, gli studi condotti in diverse parti del mondo ribadiscono l’accresciuta pericolosità del nuovo gioco d’azzardo che genera terribili dipendenze compulsive.
Sono state indicate tre variabili principali che sembrano aver contribuito all’aumento del “gioco” tra le fasce adulte e giovanili: la crescente liberalizzazione e maggiore tolleranza nonché l’incoraggiamento verso questa pratica percepita come innocua; la ritardata consapevolezza del problema e la scarsa attenzione ai programmi per pervenire ad una coscienza collettiva sui problemi correlati. Il fenomeno, inoltre, lo si conosce poco, né gode di prevenzione o cura sporadica riabilitativa. La fiducia nella fortuna è una caratteristica arcaica dell’ uomo e l’azzardo è una gara in cui si cerca di vincere non l’avversario ma il proprio destino. Si evidenziano alcuni fattori di rischio sugli adolescenti (13-14 anni) come l’inesperienza, il desiderio di sconfiggere la noia, il piacere di facili ricompense, le gratificazioni economiche immediate. Il gioco d’azzardo patologico rimane ancora oggi nell’immaginario sociale un fenomeno più associato al “vizio” o alla “cattiva volontà” che non al grave problema. E’ una dipendenza, in parte ancora “sommersa” quindi un qualcosa di sottostimato, non riconosciuto come malattia; certi genitori si crede siano inconsapevoli di quel che accade ai figli. La stessa parola “gioco” li tranquillizza. Occorre promuovere azioni d’informazione attraverso i mass-media sui rischi della ludopatia, informare le famiglie su questa gravissima forma di dipendenza, ottenere una diagnosi precoce del problema per poi accedere alla cura. Sarebbe opportuno vigilare sul tipo di gioco che i ragazzi intraprendono sapendo che quelli in cui ci sono di mezzo i soldi, sono trappole da evitare e che spesso sono gli adulti i cattivi maestri.

Cordialità
Paolo Pagliani