Caro direttore, leggevo un libro dove emergono dati interessanti e sconvolgenti in merito alla illegalità nel nostro Paese partendo da tre numeri base: ogni anno abbiamo 160 miliardi di evasione fiscale, 63 miliardi di corruzione e 350 miliardi di economia sommersa. Se vi si aggiungono 500 miliardi nascosti da connazionali nei paradisi fiscali (esentasse!), si arriva alla metà del mostruoso debito pubblico. Non passa giorno che ci sia una notizia che confermi lo scarso appeal dell’Italia come polo di attrazione negli investimenti. La burocrazia, la trasparenza degli appalti, la criminalità, la rigidità del mercato, inducono le multinazionali straniere a preferire investimenti in altri Paesi emergenti e, purtroppo, a economia matura. In questa stringente logica di mercato, fa più rumore che pure multinazionali italiane scelgano di investire all’estero, come la Danieli, impresa friulana leader nella costruzione di impianti per la siderurgia, abbia deciso di destinare i due terzi dei suoi investimenti all’India e due presidi produttivi a Russia e Cina. In India, dicono, in tre mesi abbiamo iniziato a costruire l’impianto che in un anno sarà funzionante. In Italia passano da 12 a 24 mesi solo per ottenere il permesso di costruire, senza contare collaudi, verifiche; uno stillicidio di controlli che dimostra un Paese arrugginito e anchilosato. I dati statistici degli organismi internazionali, certificano con fredda e apparente neutralità che il tasso d’illegalità dell’ economia italiana, non ha uguali nel mondo occidentale. Non è una previsione troppo pessimistica immaginare che l’Italia sia destinata negli anni a venire, ad uscire, ahinoi, dal club delle grandi nazioni industriali dove nel secolo scorso occupavamo l’invidiabile quinto posto.
Cordialmente
Paolo Pagliani
Novellara