Gentile direttore, all’inizio del secolo scorso Antonio Gramsci in un articolo sferzante così si pronunciava: <<Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti>>, pochi mesi orsono pure Papa Francesco ammoniva di non stare alla finestra, emblema di un assenteismo dalle vicende della storia. Una massa di individui che esilia il proprio agire e lascia fare. L’etichetta “indifferenti” continua a sovrastare le colonne d’inchiostro che denunciano ora la disattenzione verso la fame nel mondo, migrazioni, sfruttamento, calamità naturali e altri ancora. Risulta facile, è appurato, prestare attenzione, per un breve lasso di tempo, a una grande tragedia – si pensi alla solidarietà per Haiti e lo tsunami – molto più difficile far sì che una simile attenzione accompagni i nostri passi abituali. L’indifferenza è infatti comunemente intesa come distacco emotivo tra sé e gli altri: un’assenza di interesse nei confronti del mondo alimentata dal desiderio di non essere coinvolti in nessun modo, né in amore né in lotta, né in cooperazione né in competizione. Un’indipendenza dal carattere negativo, uno stato della mente patologico, malattia morale che si traduce nel gesto inevaso; in altri termini, essa soffoca qualsiasi tensione o spinta verso l’esterno. La moderna figura prototipica dell’indifferenza è il <<passante>>: colui che di fronte alla disgrazia altrui distoglie lo sguardo e se guarda, non vede. Questa figura , tutta presa da se stessa, sempre di fretta, avida di beni e successo, trova il suo opposto nella figura del buon samaritano, colui che è attento agli altri e pronto a portare aiuto. Due figure contrapposte che caratterizzano la messa a tema dell’altruismo. Nel clima mondiale attuale, la ricerca dei buoni samaritani è affannosa e capillare. Servirebbero invece continui esempi di sollecitudine verso i bisognosi per esorcizzare la paura dall’invasione del morbo dell’insensibilità, dall’inerzia, integrati da soggetti-schermo su cui proiettare un’immagine sana di umanità.
Cordialità
Paolo Pagliani