IL “GIOCO” E’ UNA ROVINA

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Gentile direttore, le accurate indagini degli ultimi anni hanno evidenziato una <<corrosiva>> e compulsiva dipendenza da gioco d’azzardo della popolazione giovanile. Stupisce che una buona fetta di ludopati sia rappresentanza dall’utenza femminile che nell’immaginario comune, fino a qualche tempo fa, risultava marginale. I locali da gioco specializzati sono sotto gli occhi di tutti, una sorta di pericoloso canto delle sirene, nei quali il vizio e la diabolica forza di seduzione esercitata dai tavoli da gioco, spesso si impadroniscono delle vli e confuse. Nonostante la campagna di denuncia e sensibilizzazione promossa da alcune istituzioni territoriali, il business è business e lo si deve probabilmente assecondare. Comunque il “gioco” in tutte le sue forme, dalle scommesse online, ai videopoker, fino ai più <<banali>> gratta e vinci, incide pesantemente sul sistema delle relazioni familiari e sociali; soprattutto i giovani, in preda a un’eccitazione euforica da gioco, si estraniano e si autoescludono dalla faticosa quotidianità arrivando a <<dissanguarsi>> contraendo debiti e costringendo le famiglie a farsene carico. In assenza, forse, di più appaganti stimoli esterni, deteriorano ogni legame con le attività lavorative o sviliscono le loro opportunità di studio. Giocano per soldi o per noia, rovinandosi letteralmente la vita, disgregando l’istituzione familiare e negandosi prospettive future.

Cordialmente Paolo Pagliani

info n. 349-3974777

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SCHIAVI DELL’ AZZARDO

compulsivoGentile direttore, da un’indagine approfondita condotta da Telefono Azzurro ed Eurispes (Istituto di ricerca), si evince che ai bambini e ai ragazzi piace giocare d’azzardo passando gran parte delle loro giornate guardando la televisione o navigando su internet inviando sms o ricevendo mms. Si fatica a dirlo ma infanzia e adolescenza sono scomparse, cancellate dal cattivo esempio degli adulti. Perché i bambini che una società sa produrre  – gli stessi che modelleranno la società di domani – sono il risultato delle azioni, delle decisioni, dei pensieri di noi grandi. Un bambino su quattro tra i sette e gli undici anni gioca al gratta e vinci, otto su dieci scommettono online. Per forza. Chissà quante volte hanno visto i loro genitori fare altrettanto: il nostro è il Paese europeo con il maggior numero di giocatori d’azzardo. E perdere tempo incollati a uno schermo – della televisione, del computer, dello smartphone – non è un’abitudine soltanto dei più giovani. Insomma la generazione descritta dall’Eurispes riflette, come in uno specchio, quella che l’ha preceduta, fatta di adulti, non tutti, in crisi di identità, incapaci di dare il buon esempio. Bisognerebbe che quella generazione cominciasse a scommettere, a giocarsi tutto. Puntando però sul futuro che si chiama infanzia e adolescenza, che ha la faccia di persone che hanno sette, undici, sedici anni. E’ questa l’unica vincita sicura.
Cordialmente
Paolo Pagliani
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FATE IL NOSTRO GIOCO

Qui Lecco Libera, che azzardo la serata sull’azzardo&#8230Gentile direttore, leggevo che due giovani comunicatori scientifici, un matematico ed un fisico, spiegano in alcune scuole altoatesine com’è facile e utile capire le leggi matematiche che regolano la fortuna alle slot machine. Essi dimostrano che il destino di ogni giocatore è perdere, premettono i due membri della Fondazione: “Fate il nostro gioco” ed allora si inizia a prendere coscienza di tanti rischi degli eccessi del gioco d’azzardo. Questa “industria” nazionale con volumi di affari in crescita, è l’altra faccia della crisi italiana dove esiste una correlazione negativa, fra la partecipazione a questi giochi e il reddito. Più basso è il reddito più si gioca a Lotterie, Gratta e vinci, nelle sale giochi. E più si esagerano le aspettative di vincita. Sosteneva un monetarista americano, Nobel in economia nel 1948, che chi ha un basso reddito ha una maggiore propensione ad assumersi un rischio, perchè il costo che sostiene non è tale da modificare il suo reddito, che al contrario in caso di vincita, migliorerebbe notevolmente e gli cambierebbe la vita. In una situazione del genere, sembra conveniente rischiare una somma modesta, pur sapendo che le probabilità di vincere restano molto ridotte. Chi è ricco, invece, non ragiona allo stesso modo, perchè il suo vantaggio sarebbe insignificante. Esiste in pratica una linea di demarcazione sociale, quasi di classe, tra chi gioca e chi no e una massa di giocatori che in Italia si va paurosamente estendendo. Non solo. La rincorsa alla fortuna sarebbe <<anticiclica>> rispetto all’andamento dell’economia. Quasi un investimento per fronteggiare la perdurante recessione, diversamente da un professionista che mi confidava che dai suoi 5 ettari di terreno, facendolo lavorare, non guadagna quasi nulla ed alla mia ingenua domanda: <<Perchè non vendi?>>, mi ha confessato che ricavando anche 150 mila euro, non gli avrebbe cambiato assolutamente niente. Beato lui che non ha problemi economici al contrario di tanti e ricordando, trovavo sempre più attuale la definizione di Cavour sul gioco d’azzardo quando lo definiva: “la tassa sui poveri”. E’ però vergognoso che lo Stato diventi biscazziere.

Il Nobel americano (1948) è Milton Friedman.

Cordialità
Paolo Pagliani