UMILTÀ: UNO STILE DI VITA

Nel momento in cui si decide di far parte di un gruppo A.A. la prima cosa che salta agli occhi dalle testimonianze personali, è proprio questo concetto di umiltà. Infatti ammettere di essere alcolista e poi accettare la propria impotenza nei confronti dell’alcol, è la prima forma di umiltà che noi pratichiamo. Prima di entrare in A.A., quanti di noi si dibattevano sulla necessità di smettere di bere e nell’incapacità a farlo? Alla base, persisteva un forte senso di orgoglio che ci faceva dire: non ho bisogno di nessuno e un forte senso di vergogna che ci impediva di dire a se stessi, ho bisogno di aiuto. Tutta la nostra cultura di fatto è basata su valori, quali orgoglio, ambizione, individualismo, che se portati all’eccesso impediscono di riconoscere la vera umanità presente in ognuno di noi. Spesso i rapporti fra gli individui sono mediati e condizionati da meccanismi quali la paura, l’arroganza e quant’altro. Ci si convince inoltre che rifarsi alla legge del più forte sia l’unica strada per sopravvivere in questa società che, bisogna dirlo, a tutto induce tranne che al vero significato della vita. Possesso e sopraffazione costituiscono il principio unico di esistenza mentre pure la psicologia ci fa intendere che la pratica dell’umiltà, assieme a un buon esercizio di autostima, può essere un ottimo sistema di accettazione di se stessi al fine di neutralizzare conflitti e frustrazioni. L’umiltà, inoltre, è la via migliore per mettersi in relazione con gli altri in modo autentico. Il surrogare con falsi valori il malessere, (esempio il consumismo, le ambizioni sbagliate, la prepotenza e il razzismo), difficilmente può indurre all’umiltà; troppa presa da sè la persona tende a vedere gli altri come nemici da cui difendersi o, più volentieri da attaccare. Ridurre l’egocentrismo, prendere coscienza dei propri difetti anche di quelli meno apparenti, è un buon inizio verso la liberazione dalle tante storture che la vita con gli anni ci ha costretto a subire e a far subire. La pratica dell’umiltà. come lo smettere di bere, richiede sforzo e volontà; vuole consapevolezza e cuore insieme. Noi grazie ad A.A. abbiamo l’opportunità di raggiungere, non dico la perfezione ma sicuramente l’umiltà per oggi e, un giorno alla volta, un nuovo stile di vita.

Sono Paolo un alcolista anonimo di Viadana – MN

Io mentre vi addormentate, voglio ricordarvi sussurrando che è tempo di gioire, di sognare la pace dentro la vostra famiglia fra tutti coloro che ne fanno parte e che ora si stanno addormentando. Non dimenticate che ciascuno ha bisogno dell’altro e che la vostra felicità è legata a quella degli altri.

Anonimo

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POVERTA’ IN AUMENTO

Gentile direttore, gli ultimi dati statistici evidenziano purtroppo che nella nostra provincia i senza lavoro alla fine del 2011 erano circa 27 mila; un dato allarmante.
Senza calcolare i “nuovi poveri” come informa l’Istat quando ribadisce che se una famiglia di due persone guadagna meno di 1.011,03 euro, è da considerarsi povera (8 milioni in Italia). Se poi si passa alla <<povertà assoluta>>, che è il limite di sopravvivenza, vi sono tre milioni e mezzo di persone; sono dati del 2011 ed è perfino ovvio ritenere che quest’anno siano decisamente peggiorati. Il quadro basta e avanza per capire quanto non sia solo indispensabile ma urgente, risanare i conti pubblici e mettere come priorità assoluta il miglioramento delle condizioni di vita di milioni di cittadini. La politica è chiamata non solo a risparmiare sulla spesa pubblica ma anche a rimettere in moto una economia che è stagnante da troppi anni. Non basterà l’attuale governo Monti, anche se ha adottato misure valide che hanno bisogno di tempo ma vanno accompagnate da altre. E’ un compito che spetta alla nuova legislatura dove vorremmo sentire le concrete, serie, proposte dei partiti, anziché continuare a registrare le reciproche stucchevoli polemiche tra singoli e schieramenti. Impegnarsi per il bene comune significa migliorare le condizioni di vita, non solo materiali, della comunità, a partire dagli ultimi. Altrimenti, è solo una presa in giro.

Cordialità
Paolo Pagliani

Novellara – 2 bronzi per i fratelli Ramosacj e 3 quinti posti al torneo nazionale Malatesti di Firenze

Partenza alla grande del dojo arti marziali, settore judo, al torneo Malatesti, valido per l’acquisizione della cintura nera 1 dan con 5 risultati utili, 2 bronzi e 3 quinti posti su 5 partecipanti.
Ad aprire la gara la categoria under 17. Il dojo arti marziali di Novellara presentava ben 3 atleti in 3 categorie diverse. Apre la gara Gian Marco Torreggiani nella categoria fino a 60 kg. 3 incontri vinti prima del limite da parte del giovane novellarese e due persi comunque con eleganza, relegano Gian Marco ai piedi del podio. Stessa sorte per il compagno di squadra Lorenzo Villani categoria fino a 66 kg che non bissa il risultato della coppa Lombardia. Infatti, due incontri vinti e due persi non sono sufficienti a far salire sul podio Lorenzo. In gara sempre nell’under 17, Reinald Ramosacaj fratello minore di quell’Igli Ramosacaj che ha partecipato ai campionati europei a Parendo, con la nazionale albanese. La gara parte bene e alla fine riesce a salire sul podio e a guadagnare il bronzo nella categoria fino a 81 kg. Il pomeriggio vede la categoria juniores combattere assieme ai seniores. Apre la gara Igli di ritorno dai campionati europei juniores. Per niente in forma, il nazionale albanese piazza tre ippon (vittorie prima del limite) per poi perdere malamente la semifinale. Relegato ai recuperi vince la finalina per il bronzo in 5 secondi secchi, mancando  però di quello smalto che lo aveva caratterizzato in Croazia ai campionati d’Europa. Nella stessa categoria di età ma negli 81 kg, l’atleta polacco Dorian Glowacki già protagonista di diverse gare spettacolo, in una categoria di peso che non è proprio la sua, chiude il primo incontro prima del limite il secondo pure, poi un infortunio costringe il novellarese d’adozione al ritiro fermando la sua corsa alla medaglia d’oro.  A fine giornata gli atleti del dojo arti marziali di Novellara portavano a casa il trofeo Malatesti. Un grazie a tutti da parte dei tecnici Andrea Aldini e il nazionale moldavo Stanislav Calmati che con grande determinazione hanno preparato i ragazzi, per questo momento così delicato come l’inizio di stagione, che non fallivano il risultato.

LE PARALIMPIADI DEI VINCENTI

Gentile direttore, enorme è stato il successo che hanno avuto su tutti i media le Paralimpiadi del mese scorso a Londra, solo una voce discorde ed infelice di un grande attore comico (e non solo), ha condannato i Giochi dove gareggiavano atleti danneggiati dalla sfortuna con la motivazione: <<Esaltano la disgrazia>>. Credo che non esista immagine più consolatoria dell’uomo senza gambe che alza la bicicletta, da lui stesso costruita, con la quale ha appena vinto una medaglia d’oro. Sarebbe giusto evitare che le Paralimpiadi, che tutti abbiamo negli occhi passino senza che portiamo alla luce il messaggio che ci fanno fatto intravedere. Mi ha commosso sentire Alex Zanardi, dopo il successo che ha alle spalle molti sacrifici, a proposito di suo figlio 14 anni, di cui ne va fiero. <<Dopo la vittoria mi ha detto: “Papà sono quasi dispiaciuto nel dirti che ti voglio bene adesso, perché sembra che te lo dica nel momento in cui hai fatto una straordinaria figura. Voglio che tu sappia che ti voglio bene perché tu sei mio padre. Punto. Sono molto orgoglioso di essere tuo figlio”>>. Gli atleti delle Paralimpiadi ce l’hanno fatta: sono vincenti. Hanno cercato e trovato gli strumenti per contrastare e superare la sventura. Sono riusciti a farcela  perché la famiglia e gli amici, li hanno aiutati. E’ utopico oggigiorno solo pensare, purtroppo, che dovremmo noi tutti aiutare gli sfortunati. Non c’è solo la lotta contro le ingiustizie sociali, ci si dovrebbe occupare pure contro quelle naturali. La sventura che colpisce un uomo non dovrebbe essere un problema suo, o di sua moglie, o della sua famiglia, ma di tutti; sarebbe il giusto traguardo dell’umanità.

Cordialità
Paolo Pagliani

NON PIROMANI MA INCENDIARI

Caro direttore, questa lunga estate rovente ha fatto registrare in Italia incendi senza paragone per numero e devastazioni (oltreché per i morti saliti a cinque). E’ uno scempio che oltre ad impoverire il Paese è premessa di futuri danni, in una alleanza del fuoco con l’acqua incattivita perché non più trattenuta da un accogliente suolo boschivo. Li chiamano piromani ma il fenomeno è così imponente che deve attribuirsi ad una molteplicità di cause, dal cretino che non sa controllare la grigliata e gli sciagurati pecorai che cercano nuovi pascoli. Sono però soprattutto le vendette della criminalità organizzata e le torbide speculazioni sul fronte dell’ edilizia che finiscono per incrementare la gia dissennata cementificazione del nostro Paese. Certo sconvolge e induce a tristi considerazioni sulla natura umana, l’esistenza di tanti esseri che non sono nemmeno sfiorati, dal senso della bellezza, dall’incanto di paesaggi che con i monumenti artistici contribuiscono alla favoleggiata immagine dell’ Italia. Sappiamo che ci sono 300 persone denunciate per questi misfatti ma la notizia anziché confortare, suscita un tetro umorismo, una sorda indignazione. Esiste una legge del 2000 che punisce l’ incendiario, così devono chiamarsi (non piromani cioè senza attenuanti di ordine patologico), con la reclusione da 4 a 10 anni. Ma non si è mai saputo che qualcuno dei criminali sia stato condannato o sconti qualche anno di galera. Ci si chiede perché, di fronte a tale grave emergenza, chi viene colto sul fatto non venga processato per direttissima, condannato ad una salatissima multa, “accarezzato” in caserma quindi recluso per anni in prigioni sicure. E’ sconcertante leggere che la settantenne avellinese colta in flagrante mentre spargeva candele accese in un bosco si trovi agli arresti domiciliari. E’ comprovato che il fattore innescante è sempre la mano dell’ uomo: il 60% dei roghi è infatti di origine dolosa e il restante 40% colposo; le leggi ci sono mettiamole seriamente in pratica combattendo politici conniventi, magistrati cavillosi,i giustificazionisti a oltranza, speculatori dal fuoco facile, gli ingenui e verbosi redentori e dulcis in fundo quella che viene definita la mafia dei boschi.
Cordialmente
Paolo Pagliani

PROMUOVIAMO LA VITA

Caro direttore, ho conosciuto tramite amici un medico psichiatra emiliano che lavora presso una ASL della nostra regione. L’interessante conversazione non poteva non interferire con alcune problematiche legate al consumo di sostanze stupefacenti. Sulla specifica domanda se legalizzare le droghe possa contribuire ad eliminarle come sosteneva un notissimo cantante modenese, il dottore invitava costoro a trascorrere una notte in un pronto soccorso di un qualsiasi ospedale italiano, ad assistere i giovani finiti nel tunnel della dipendenza dove non raramente si trovano a lottare tra la vita e la morte, per aver ceduto a quello che qualcuno vorrebbe ridurre ad un “vezzo”. Continuava dicendo che certi personaggi di successo potrebbero invece far molto, esempio scrivere una canzone dedicata contro il consumo di ogni genere di droga; si promuoverebbe la vita, non abbassandoci alla cultura della morte. Ad una nostra domanda sulla liberalizzazione che eliminerebbe il mercato clandestino, il professionista ha risposto che i Paesi che hanno sposato questa tesi venti anni fa, stanno tornando indietro. Menzionava l’esempio dell’ Olanda che con l’apertura nel 1976 dei <<Marijuana bar>>, ha visto triplicare non solo l’uso di quella droga ma pure dell’ eroina e che la distinzione tra droghe leggere e pesanti non esiste; tutte sono dannose e che la politica permissiva di quel Paese aveva favorito la produzione ed il consumo di tutte le sostanze stupefacenti. L’idea che la cannabis sia <<leggera>> è una tesi decisamente superata, come è dimostrato da recentissimi studi, pubblicati su Lancet, in quanto è cambiata anche la composizione della cosiddetta <<canna>>, nella cui confezione oggi viene utilizzata una quantità di principio attivo molto più alta di quanto avveniva solo qualche anno fa. Concludeva il medico, che il problema non è limitare i danni ma chiederci come la nostra società possa educare i giovani a non buttare via la loro vita mettendo in campo ogni azione che possa evitare una deriva del genere che provoca tante sofferenze. Confesso che questa “lezione” impartitaci dall’affabile studioso, ha contribuito ulteriormente ad aprire le nostre menti sui tantissimi danni che potrebbero generare concessioni in tale direzione; quella legalitaria.
Cordialità
Paolo Pagliani

ORA SICCITÀ DOPO INONDAZIONI

Gentile direttore, la palla di fuoco africana ci attanaglia da settimane disidratando i terreni coltivati e portando allo scoperto i letti dei fiumi in secca. La TV ci propina impietosamente le immagini di ciò che l’ uomo “furbo” riesce a smaltire in modo rapido ed economico. Ci si sbarazza di tutto senza pudore, tanto l’ acqua tutto copre e tutto trascina dimostrando scarso senso civico. Ciò che il Tevere e l’ Arno mostrano ai residenti ed ai turisti è l’ immagine classica della situazione e del nostro grado di civiltà. I meteorologi prevedono per fine mese violenti temporali, grandinate e disastri vari, che aggiungeranno danni alla nostra agricoltura già oltre il limite di sopportazione. Non sarebbe il caso, mi sono ripetutamente chiesto pure tempo addietro, di approfittare del momento per ripulire gli alvei dei fiumi, le spiagge, i boschetti, i fossi di tutto il luridume, oggi in bella vista, per rendere meno pesanti le intemperanze climatiche preannunciate? Risulterebbe prioritario darsi da fare ora, senza andare a piangere e chiedere interventi straordinari a danno avvenuto!
Cordialmente
Paolo Pagliani