
Paolo Pagliani
esperta di relazioni famigliari, per trattare la tematica
del diventare famiglia nell’attuale contesto sociale.
Il convegno, intitolato “Diventare famiglia: le relazioni di ogni giorno” è un’opportunità per comprendere sempre meglio come due persone, che scelgono di unirsi per formare una famiglia, abbiano in sé sia le fragilità che le risorse per crescere da coppia a generare un nucleo familiare. Si approfondirà il tema del progetto che nasce da due singoli – che ancora non hanno formato un noi – come un divenire che si realizza concretamente nel presente, attraverso la ricerca del lavoro, la casa, una buona relazione tra la coppia, ma che è proiettato anche verso un futuro carico di speranze e aspettative. La coppia ha in essere tutte le potenzialità per evolvere in un nido famigliare, ma questo progetto, che sappiamo non essere lineare, incontra le fatiche di questa realizzazione. Il figlio che non arriva subito, il primo bimbo che scardina le sicurezze sbocciate dall’unione, le relazioni amicali che si diradano sotto il pressante impegno del lavoro e dei figli, la routine caricata da ritmi molto stressanti, l’educazione dei bambini complessa e complicata da un contesto sociale che enfatizza il puro piacere e la pura gratificazione fine a se stessa. A queste problematiche si inseriscono spesso i disaccordi continui con il compagno, se ancora non si è “s-coppiati”, a causa delle aspettative deluse; essere genitore mette a dura prova la coppia e questa situazione può esasperare il rapporto minando il nucleo fondante e creando l’occasione per una diversità di scelte. Quando poi, dopo tante fatiche, i figli saranno ormai adulti si rischia la “sindrome del nido vuoto”. Di cosa si tratta? In breve questa sindrome si manifesta quando i ragazzi intraprenderanno la loro strada, abbandonando la famiglia genitoriale e la coppia fondante stenterà a riconoscersi; i genitori si renderanno conto che sono divenuti quasi estranei fra loro tanto le strade si sono allontanante durante gli anni in cui i figli sono cresciuti. La prof.ssa Vanna Iori stimolerà una riflessione che vuole portare alla luce le criticità che possono subentrare nella quotidianità e che possono diventare occasioni di crescita per la coppia, costruendo legami significativi, sia interni alle mura domestiche che esterne, con amici, nonni, insegnanti, allenatori, altri genitori. La coppia può, giorno dopo giorno, fare quei piccoli passi per di-venire la famiglia attesa e voluta. La riflessione ci stimolerà a prendere consapevolezza delle fatiche dello stare insieme, mostrandoci la bellezza di rischiare per la famiglia, soprattutto se si creano spazi e tempi in cui le famiglie si incontrano per prendersi cura di sé con gli altri, generando un clima di fiducia, ponti di vicinanza, condivisione, e solidarietà. Sarà interessante scoprire come, la coppia insieme, sia in casa che fuori dalle mura domestiche, può costruire la famiglia e contribuire alla realizzazione di un tessuto sociale fecondo.
Gentile direttore, siamo quasi alla fine di un anno terribile, in cui siamo rimasti con il fiato sospeso a causa di una crescita che non è arrivata, di una recessione sempre più forte, dall’altalena dello spread e di un debito pubblico impazzito. Un anno dove abbiamo ancora una volta dovuto sperimentare quanto poco la corruzione nella pubblica amministrazione – nazionale e locale – conosca confini di partito o limiti di pura decenza. Tra le brutte notizie del 2012, una mi pare non abbia avuto la giusta attenzione, cioè il calo del 30% della concessione di mutui ai giovani sotto i 35 anni, rispetto al quadriennio precedente. Le banche, dunque, considerano i giovani una categoria a rischio e meritano poca fiducia evidentemente. Non aver accesso al mutuo, perciò, significa restare in una situazione precaria di affitto, oppure continuare a risiedere presso la propria famiglia di origine ma implica inoltre il rinviare l’inizio di un nuovo progetto di vita, di coppia, di genitorialità. Di futuro. Le banche, lo sappiamo bene, pensano solo al presente, la politica, dal canto suo, continua a lavorare per le prossime elezioni, dimenticando il destino delle nuove generazioni. Non resta che augurarci che il prossimo sia un anno migliore per i nostri giovani, perché è solo dalla loro possibilità di realizzare i propri progetti di vita, che potrà arrivare quella spinta vera all’uscita dalla crisi generata dall’egoismo di tanti avidi adulti.
Cordiali saluti
Paolo Pagliani
Caro direttore, non si può distinguere la famiglia che tutti sappiamo essere composta da uomo e donna ed eventuali figli chiamandola “tradizionale”, perché non si sa come chiamare altro tipo di unione. A mio avviso ritengo opportuno intendersi nei termini, non quelli incautamente usati dalla ministro Fornero. La famiglia è o non è. Essa è riconosciuta dallo Stato per una necessaria tutela degli attori intesi come coniugi e la prole. C’è un’assenza di iniziative delle Istituzioni in quanto occorrerebbe fare qualcosa perchè se la situazione dei nuclei con figli, è solo peggiorata negli ultimi sessant’ anni, è merito-colpa della politica. I diritti dei singoli individui partono dal loro concepimento e non dai comportamenti assunti nella loro vita. Sono i figli i futuri cittadini. Purtroppo l’Istat certifica che più figli equivale a più povertà e tutti gli esperti riconoscono che l’attuale sistema italiano, penalizza tutti coloro che si azzardano a mettere al mondo dei bimbi. La politica, tecnica o meno, deve porre rimedio, deve muoversi favorendo un pluralismo sociale di tipo sussidiario in cui la famiglia giochi il ruolo di vero protagonista. Non c’è da aspettarsi che la politica possa risolvere tutti i problemi della famiglia e neppure, a ben vedere, dirigerne il benessere. Il compito a cui può e deve adempiere è quello di creare le condizioni, l’ambiente sociale, alleggerire la pressione delle tasse sui nuclei con figli, in quanto è provato che 10 euro dati alla famiglia in servizi, ne producono almeno 50 in termini di cura e responsabilità verso chi è più debole. Se questo indirizzo non verrà assunto, la famiglia <<sarà ulteriormente svuotata e frammentata>>, da quei processi societari che insistono per emancipare l’individuo a prescindere da (e spesso contro) la famiglia. Il risultato finale di queste unioni normo-costituite, sono la forza del Paese ma stanno regredendo come numero. Cosicchè possiamo dire che una minoranza di famiglie solide deve sostenere il peso di una coesione sociale che è messa in crisi da tendenze all’individualismo e al privatismo, incoraggiati dal sistema politico-amministrativo, oltrechè, si intende, dal mercato. Per molti tecnocrati la famiglia conta solo quando si tratta di pagare le tasse; per il resto è praticamente invisibile: Ma è già ora, se il Palazzo è distratto, data la sua rilevanza pubblica di cui si deve rendere più consapevole, che il nucleo familiare torni ad essere protagonista della politica. Anche imparando a protestare, certamente meglio di adesso.
Cordialità
Paolo Pagliani
Caro direttore,
è constatato che nessun paese potrà mai uscire dalla crisi senza investire nel futuro, in ambito economico, politico o strutturale. Purtroppo il nostro Paese ha consumato irresponsabilmente per decenni ben più di quello che produceva scaricando sulle generazioni future i consumi di oggi e lasciando in eredità non un patrimonio ma un debito: un debito soprattutto pubblico. Non si investe su famiglia, figli e giovani ed il sistema attuale brucia a favore di adulti e anziani anche le risorse che non produce. In famiglia invece i genitori e gli anziani/nonni, in casa propria, regalano la propria liquidazione a figli e nipoti, proteggono i giovani dalla disoccupazione e dalla precarietà con il proprio reddito. I Paesi più accorti hanno capito che il futuro lo costruiscono le nuove generazioni, che solo nelle famiglie vengono protette quindi valorizzando il capitale umano investono nei giovani, nei sistemi formativi, nell’equità fiscale per la famiglia, in un welfare sussidiario spostando quote significative di PIL, dalle generazioni adulte e anziane a quelle giovani. La media europea di spesa pubblica per la famiglia e minori, è quasi doppia di quella italiana, eppure le le nostre famiglie, pur provate dalla crisi, rimangono custodi e protagoniste di una grande capacità di risparmio mentre il debito pubblico rimane un macigno che rischia di schiacciarci. Sogniamo e da tempo pretendiamo, una classe dirigente capace di capire quello che ogni famiglia ha ben chiaro nella sua fatica quotidiana. Abbiamo già aspettato troppo, è ora di agire, è urgente costruire una riforma del fisco a misura di famiglia che rimane il primo e più importante generatore di solidarietà tra le generazioni.
Le famiglie nonostante qualcosa si stia muovendo nell’ultima manovra, navigano a vista, “vivono alla giornata”, che peggiora sempre di più la situazione di chi decide di mettere al mondo un figlio e deve pensare al futuro ed alla propria responsabilità per almeno 25-30 anni. E deve pensarci da subito.
Cordialità
Paolo Pagliani
Caro direttore,
il panorama disegnato dall’Istat, sui matrimoni in Italia, è segnato da un preoccupante vuoto di valori forti, di una maggiore incertezza, disorientamento e disponibilità ad investire nel futuro. Certo, l’Istituto di Statistica fa notare che la crisi economica, specie nel biennio 2008-2009, ha pesato parecchio sulle decisioni degli aspiranti sposi ma sarebbe riduttivo spiegare il calo record, (meno 6%), soltanto in termini di difficoltà economiche e abitative. Quanto ha pesato la cultura della provvisorietà e, diciamolo, dell’immaturità che sembra dominare i nostri giorni, con il rifiuto del “per sempre” che è ormai una costante in tutte le scelte che contano? A diminuire non sono solo le prime nozze ma anche le seconde e i matrimoni misti, decisioni che nascondono paure ed incertezze che non possono lasciare indifferenti, perché segnano un intreccio allarmante di contraddizioni etiche ma anche di pesantissime derive educative. Dal punto di vista politico e sociale l’Italia non ha ancora preso sul serio la crisi della famiglia e della denatalità, si notano solo iniziative elettorali, invece di lavorare per un cambio di mentalità; chi si sposa paga più tasse di chi non si sposa, chi ha figli paga di più di chi non ne ha! Occorre andare alla radice con coraggio e ribadire che fare famiglia non solo è possibile ma vantaggioso per tutta la società, sempre più rarefatta, le comunità sono sempre meno coese e si avverte un progressivo allentamento delle relazioni che rende tutto più difficile. Tutti siamo colpevoli di questa accidia che è responsabile della mancata diffusione di quella verità sul matrimonio e sulla famiglia, in tanti strati sociali e culturali anche ai massimi livelli, di cui oggi avvertiamo tutta la gravità. Si opta pure per la separazione dei beni che due anni orsono era al 65%, un segnale che parla di prospettive sempre più di corto respiro e di crescente mancanza di fiducia reciproca. E’ indubbio che esiste un individualismo esasperato dove il singolo è sempre meno legato agli altri, ad un progetto, a un’appartenenza culturale e sociale; è chiaro perciò che legami deboli o rifiuto degli stessi, propongano una società fragile, che produce disastri individuali e sociali, come il sempre più evidente impoverimento generale. Iniziamo invece a premiare e a non penalizzare i giovani che si sposano e formano una famiglia, attraverso politiche sociali che aiutino a costruirsi un futuro incoraggiando seriamente, senza discriminare nessuno, chi si assume responsabilità, secondo regole di equità e di giustizia. Sarebbe il più grande regalo che potremmo fare alla nostra società.
Un saluto cordiale
Paolo Pagliani
Novellara
P.S.
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