L’AZZARDO UCCIDE GLI AFFETTI

Caro direttore, la vera vittima del gioco d’azzardo patologico non è il giocatore compulsivo ma tutta la sua famiglia. Perché il virus della scommessa non distrugge solo il patrimonio ma gli stessi rapporti affettivi: può provocare divorzi e segnare a vita dei figli, esponendoli a loro volta in futuro alle dipendenze dal gioco, dall’alcol, dalle droghe. Sono certezze fondate sulla letteratura scientifica e dall’AND, (Azzardo e nuove dipendenze), che ha aderito al cartello “Insieme contro l’azzardo” lanciato dalla Consulta anti-usura. Perché chi si infila il cappio dei “cravattari” non di rado lo fa per debiti di gioco. La discesa nell’abisso dell’azzardo segue fasi note, quella iniziale della <<luna di miele>> quando il giocatore condivide le prime vincite con i familiari, minimizzando le perdite. Quindi nella fase “delle rassicurazioni” quando convince la famiglia che la sfortuna si vince tenendo duro. Nella fase “dello stress” il giocatore è depresso e chiuso in sé subendo la protesta dei familiari per la sua latitanza. “Il crollo” arriva con la scoperta del crac: la telefonata della banca scatena la rabbia verso “il biscazziere”. Nella fase “dello sfinimento” il giocatore spergiura e a volte riesce a prendere tempo. Alla fine arriva la perdita totale della fiducia, chi gioca è vittima di panico e ansia ed i rapporti familiari sono annichiliti o violenti; la famiglia tocca il fondo e solo ora cerca aiuto.
Sarebbe importante, la prevenzione, attivare Centri per il recupero di automutuoaiuto e limitare o eliminare la pubblicità, perché l’istigazione è continua. In un Ufficio postale mi hanno offerto un “gratta e vinci”, tra poco anche davanti agli asili. Non basta scrivere “il gioco fa male; va posto un freno!
Cordialità
Paolo Pagliani
Pubblicità

AZZARDOPOLI

Caro direttore, la crisi economica sta contribuendo a trasformare il gioco d’azzardo in una pandemia. I dati di quelle che, in termine tecnico, si definiscono ludopatie sono impressionanti; gli italiani che tra i 15 e i 64 anni giocano d’azzardo sono circa 19 milioni (ma il dato pare sottostimato!). E’ indubbio che le difficoltà economiche giocano un ruolo non indifferente e le nuove generazioni che hanno lavori precari, quelli che hanno perso il lavoro, i pensionati, attraverso il gioco sembrano cercare una via di fuga dalle reti delle finanziarie e delle tassazioni di massa. Ma è solo una grande illusione. Pericolosissima. Anche la TV, (con l’esempio dei pacchi), instilla l’idea che si possa vincere senza fatica e senza abilità, frutto di una totale casualità. Giovanissimi con basso reddito e bassa istruzione, sono i più vulnerabili, come si deve registrare la fortissima avanzata degli anziani e delle donne che preferiscono l’anonimato della propria casa o di una tabaccheria. Per i più giovani trovarsi come in un grande casinò, come sono i giochi online, è compulsivo e contribuisce anche a depauperare il prezioso valore del tempo fino a consumarlo. Il giocatore in genere è una persona che fatica a tessere relazioni, che della loro compulsività si vergognano e tendono a nasconderla, soprattutto ai familiari, fino a quando le difficoltà economiche diventano sempre più forti e sempre più difficili da giustificare. La pubblicità incide anch’essa con slogan tipo <<lasciateci sognare>>; terrificante perché da una parte avverte di <<giocare responsabilmente>> mentre dall’altra legittima l’impulso al gioco. E’ fondamentale la prevenzione ma siamo di fronte ad una malattia sociale una emergenza, che in molti non sanno come combatterla. Attualmente l’unica strada in grado di ottenere risultati è quella dei gruppi di auto e mutuo aiuto, finalmente presente anche a RE dove si utilizza il metodo degli alcolisti anonimi. Si può ritrovare così quella dimensione della costruzione della vita che il gioco azzera e a ritrovare il desiderio di relazionalità: l’unico antidoto a questa grande malattia del nostro tempo.

Cordialità
Paolo Pagliani

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