Gentile direttore, siamo abituati a pensare che la crescita economica abbia l’effetto automatico di rendere una nazione più sana e più soddisfatta. Mi sembra che oggi non sia più così, perché i malesseri generati dalla disuguaglianza coinvolgono tutti: non solo i ceti più svantaggiati ma anche quanti si collocano al vertice della scala sociale. Da qualche anno alcuni economisti stanno spiegando che per valutare il benessere dei cittadini, non può bastare contare gli euro prodotti (Pil ossia Prodotto interno lordo). Perché si può essere più o meno ricchi in beni e capitali, ma non sentirsi soddisfatti della propria vita, sia individualmente sia collettivamente. Così è stato elaborato un altro punto di vista per misurare il benessere tenendo conto di diversi indicatori come la salute, l’istruzione, la sicurezza, le relazioni sociali, l’ambiente, la qualità dei servizi, il paesaggio, il patrimonio culturale, ecc. Questo nuovo modo di misurare la qualità della vita quotidiana delle persone e quindi della società si chiama Benessere equo e sostenibile (l’acronimo è Bes). Espressione in cui la parola “equo” significa che il benessere deve il più possibile riguardare tutti i cittadini, mentre la parola “sostenibile” vuol dire che può e deve essere mantenuto senza limiti di tempo e senza particolari condizionamenti. Il Bes in concreto, dovrebbe essere il miglior modo per far capire ai governanti che non è la ricchezza (calcolata sommando il valore di tutto quanto viene prodotto in una nazione) a fare la felicità di un popolo.
Cordialità
Paolo Pagliani