Se una volta tanto ci svegliassimo dall’apatia e ci imponessimo un sussulto di dignità, ci scrollassimo di dosso l’indifferenza, ci liberassimo dalle frivolezze televisive e se tornassimo a pensare con la nostra testa, allora scopriremmo che l’umanità sta vivendo il più grande scandalo della sua storia. Mai ha prodotto tanta ricchezza, mai ha creato tanta povertà. Per guardare in faccia la povertà assoluta, basta attraversare il Mediterraneo e mettere piede in una baraccopoli del Cairo. Se si riesce a superare il senso di soffocamento che si prova nella calca opprimente, se si riesce a sopportare la nausea che immancabilmente sale alla gola quando si è costretti a camminare in stradine solcate da escrementi solidi e liquidi, se si riesce a superare sensazioni di paura, disperazione, orrore e si deciderà di proseguire, allora ci troveremo in un inferno che neanche Dante avrebbe potuto immaginare. In queste baraccopoli tutte uguali da Caracas, Rio, Nairobi, Lagos o Manila, “vivono” milioni di persone ammassate in baracche che trascorrono la giornata rovistando tra i rifiuti. Durante la stagione secca, regna la polvere, che provoca irritazioni bronchiali mentre quando piove, regna il fango e proliferano le malattie da ambiente umido: verminosi, bronchiti, tubercolosi. Le strade sono costantemente affollate da gente che porta i segni del degrado più profondo come accattoni, ubriachi, mutilati, bambini seminudi e carretti di mercanzia tirata da gente che arranca. La corrente elettrica è un lusso, l’acqua va presa a pagamento e al calar delle tenebre tutti sanno che non si può circolare perché il controllo totale, passa in mano alle bande armate che assaltano viandanti e organizzano rapine alle case. Nonostante ciò la gran parte dei “poveri assoluti” non vive nelle città ma nelle campagne dove specie nel Sud del mondo, l’ambiente rurale ospita i poveri senza terra, i piccoli contadini strangolati da mercanti e usurai, i braccianti che lavorano per paghe infami. Diversi segnali ci indicano che il pianeta è sull’orlo del tracollo sociale e ambientale.
Tuttavia ci restano margini di recupero che si traducono accettando di produrre e consumare di meno, così da fermare il saccheggio del Sud mondiale, il proliferare delle guerre per l’accaparramento delle risorse, di evitare l’ulteriore degrado del pianeta e consentire agli impoveriti di costruire il proprio sviluppo.
Buona settimana
Paolo Pagliani
Novellara