Facciamo rivivere insieme l’idea iniziale di Partito Democratico

PD-e1466432062190La nascita del Partito Democratico è stata caratterizzata inizialmente da entusiasmo e grandi aspettative, al contrario poi dei suoi 9 anni di vita tanto tormentati quanto complessi. Un partito che all’ora nacque dalla confluenza di grandi storie politiche, culturali, umane. Si era posto l’obiettivo di unire le culture e le forze riformiste del nostro paese, superare la parzialità e l’insufficienza di ognuna di esse, di ognuno di noi. Un partito plurale e aperto, con diverse sensibilità e personalità ma tutte ugualmente importanti dove l’ascolto e la condivisione giocano un ruolo importante.  Le turbolenze e gli scontri in questi anni sono stati tanti, ma alla fine ci si è sempre ritrovati. Anzi, abbiamo anche dimostrato di riuscire a portare avanti tematiche importanti (esempio le Unioni Civili, il Dopo di Noi) trovando una sintesi tra le varie posizioni. Le ultime vicende invece hanno portato  ad un fatto grave, preoccupante.  Una parte del gruppo dirigente nazionale ha di fatto deciso di abbandonare il partito e di non partecipare al prossimo ed imminente Congresso. A prescindere dalle responsabilità, dalle colpe, dalle volontà politiche di chi ha assunto la decisione di abbandonare, quello che prevale tra noi dirigenti locali, iscritti, militanti, elettori è la sensazione di impotenza e smarrimento rispetto ad una frattura grave, la prima vera mai accaduta e di cui si fatica a comprenderne le vere ragioni. Una frattura che si è scongiurata fino all’ultimo con richieste e appelli all’unità del partito provenienti dai territori. Quei territori dove il PD è sempre riuscito a mostrarsi come una comunità politica, che ha sempre discusso trovando infine una sintesi in una logica di condivisione, e che sta amministrando nel reggiano la maggior parte dei Comuni.  Tutti abbiamo perso qualcosa e tutti abbiamo una responsabilità. Indubbiamente le fratture degli ultimi mesi, in particolare prima e dopo il referendum di dicembre, hanno logorato i rapporti e l’immagine del partito. Ma la scelta di alcuni esponenti è poco comprensibile, sproporzionata rispetto alle distanze politiche, ideologiche o culturali che possono essersi manifestate in questi anni. Forse non è nemmeno stato fatto tutto il possibile per evitare questa frattura. La responsabilità primaria è certamente dell’ex segretario Renzi. Toccava a lui farsi carico di tenere unita questa “comunità”, e anche solo per un giorno, mettere da parte le ragioni e i torti dei due schieramenti, indicando una via d’uscita condivisa. E invece non è riuscito ad andare oltre se stesso. Non ha saputo o non ha voluto aprire spiragli. E’ necessaria a volte la volontà di arrivare ad un accordo attraverso proposte in cui tutte le parti ci perdono, ma nessuna soccombe rispetto all’altra. La responsabilità secondaria grava invece sugli “scissionisti”. Hanno taciuto, mentre nel giorno dell’Assemblea Nazionale sarebbe stato doveroso sentire parlare dal palco (e non dalle telecamere) chi ha sempre detto di avere a cuore il destino della “ditta”. Ora dovrebbero cercare di riempire lo strappo di nobili contenuti  e motivazioni politiche, che non siano posti in parlamento nelle prossime elezioni. Una grande forza di centrosinistra, che si pensa come partito riformatore di massa, può sfasciarsi solo in nome dei valori fondanti. La vera posta in gioco non può essere la data di un congresso o delle primarie. E nemmeno la Leadership del partito, perché in tal caso ci si mette in gioco nel Congresso. Cosa possiamo fare ora? La macchina organizzativa ormai è partita, non la si può e non la si deve fermare. E’ necessaria una discussione perché il Partito Democratico deve decidere dove vuole andare e cosa vuole essere. Dobbiamo recuperare un’identità, le ragioni di un’idea, di un progetto come il PD che si sono un po’ smarriti nel tempo. Personalmente, reputo sbagliato in questo momento uscire dal Partito Democratico e non condivido quindi chi ha fatto questa scelta. Ho alle spalle 9 anni di militanza in questo partito, di cui 7 da Segretario di Circolo. Mi è stato insegnato che, se ci sono dei problemi o delle cose in cui non si è d’accordo, le battaglie si fanno internamente. Non si esce e non si scappa, i problemi si affrontano e si cerca di risolverli. E’ una situazione sicuramente complessa, ed è altrettanto difficile spiegare questa “rottura” alla nostra base disorientata. E’ nostro dovere (come dirigenti locali) raddoppiare gli sforzi, parlare ad iscritti ed elettori, dedicare attenzione alle reazioni ed ascoltare. In questo periodo, non abbiamo rinunciato nel reggiano a portare avanti la “campagna d’ascolto” con assemblee nei circoli per parlare di Lavoro, Immigrazione e Sicurezza. Da un lato c’è un dibattito nazionale che sembra voglia far tramontare l’idea di questo partito, dall’altro lato invece, nei territori, c’è la volontà di tenere in vita l’idea di quel partito.
Riprendo e faccio mie le parole del Segretario Provinciale Andrea Costa: “il PD è un luogo pluralista e di confronto vero e questa idea noi la vogliamo tenere in vita anche se qualcuno esce dal partito. Da queste parti quell’idea la si sente un po’ di più, si ha esperienza lunga su cosa significa essere un partito. Parlare e riflettere su di noi è un esercizio che dobbiamo fare nella misura in cui questo può essere utile a dare risposte alla gente e alle nostre comunità. Uscire dall’autoreferenzialità che ha stregato buona parte del gruppo dirigente nazionale è un dovere.”
Mi auguro che nel nostro piccolo, prevalga la volontà di far rivivere e far tornare l’idea iniziale di Partito Democratico e che si continui insieme su questa strada, credendoci e tralasciando i personalismi (come già qui abbiamo fatto fino ad ora). La politica non è una passeggiata solitaria, ma dovrebbe essere un viaggio collettivo.

Milena Saccani Vezzani
Segretario Circolo PD Novellara

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