

Tutto ebbe inizio negli anni ’80 quando ero un ragazzino e in compagnia di altri amici iniziai il mio approccio con l’alcol; mi presento, sono Andrea un alcolista. Per i primi anni erano sbronze del fine settimana, l’alcol mi dava una bella sensazione, mi faceva sentire un leone con tutti. Ero simpatico e spigliato con le ragazze e gli amici, insomma diventava un’ ottima stampella per la mia insicurezza giovanile. Passarono gli anni e “l’amico” alcol ormai faceva parte della mia vita: il bere era diventato indispensabile per poter vivere le mie giornate. Giunsi anche a sposarmi e ad avere una figlia ma tutto finì perché preferivo i bar alla famiglia, persi parecchi lavori ma nonostante tutto, non pensavo minimamente di smettere.Toccai diverse volte il mio “fondo”, mi rialzai sempre e continuai nello stesso modo la solita vita. Nel 2008 mi accompagnai ad una splendida ragazza ma anche con lei il mio assumere alcol non diminuiva e la feci soffrire. Tante volte tornendo a casa in condizioni pietose, erano sfuriate tra noi due. Dopo 2 anni di unione lei mi disse: <<Caro Luca, fatti aiutare da qualcuno o la nostra storia finirà>>. Mi resi conto che aveva tutte le ragioni di questa terra a parlarmi così: decisi di telefonare agli Alcolisti Anonimi. Con grande vergogna e paura mi presentai al Gruppo pensando di trovare gente che mi avrebbero giudicato per il mio bere, invece trovai uomini e donne sobri. Mi accolsero come in una famiglia, riuscii a parlare del mio enorme problema con l’alcol e fu come togliermi un peso di dosso durato trent’anni della mia vita. Ora è come se fossi rifiorito per la seconda volta, ho riconquistato la fiducia e l’amore della mia compagna, la mia stima di uomo e la mia vita in società. Tutto ha del miracoloso, grazie all’aiuto di altri alcolisti sobri, sono rinato. Grazie ancora A.A.
Come è consuetudine nei Gruppi di Alcolisti Anonimi, a seconda del numero di partecipanti, si effettuano una o due volte all’anno feste per chi è rimasto senza bere alcol per altri 365 giorni; a Guastalla dopo quelli di maggio, si sono effettuati i secondi. Tra uomini e donne erano nove i membri che hanno testimoniato il loro sollievo e la gioia per essere rimasti lontano dalla bottiglia; si partiva da 22 anni di Pietro per arrivare ai due anni di Cristina. La sala del CeiS dove loro si riuniscono il martedì e il venerdì, era stracolma di altri membri reggiani e da fuori provincia con i loro familiari che sono venuti a condividere questo importantissimo risultato raggiunto (altro anno di sobrietà). C’era un tema conduttore che recitava: <<Non siamo guariti>> che è stato da tutti interpretato come l’alcolismo sia una malattia progressiva, inguaribile e mortale, recepita da A.A. dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che l’ha stabilita nel lontano 1955. A suffragare questa tesi, la coordinatrice della serata Roberta, affermava che lei dopo 10 anni di sobrietà è ricaduta, (tornata a bere), pesantemente per sei mesi per poi riuscire ad astenersi dal primo bicchiere (ora ha sei anni di sobrietà). Si è parlato parecchio negli interventi dell’importanza di stare lontano dai primi sorsi che siano birra, vino e superalcolici (sempre alcol contengono!) e dalla frequenza alle loro riunioni di sobrietà. C’ è stato chi come la cinquantenne Martina, (da 12 anni sobria) ricordava quando nascondeva le bottiglie nel garage e nell’armadio per poi scolarsele di nascosto. <<Prima ero come morta, A.A. mi ha fatto rinascere>> quindi ha ricordato una frase che ha scatenato un forte applauso dicendo che: <<...dato che non posso aggiungere giorni al destino che mi è ignoto, posso però aggiungere VITA ai giorni che mi rimangono>>. Tra i tanti momenti di serenità che si respirava ve ne erano altri di commozione come quella di una figlia sedicenne di una festeggiata che piangendo è solo riuscita a dire: <<Brava mamma, sono contenta, sei speciale>>. Essendo una riunione aperta a cui tutti possono partecipare come ogni ultimo martedì di ogni mese, erano presenti persone di varia estrazione sociale, da dirigenti a operai, da medici a politici. Dopo ogni testimonianza viene consegnata una medaglietta color oro dove è inciso davanti il nome dell’ A.A. e di dietro l’anno di sobrietà; Pietro scherzando diceva che dopo 22 anni non c’è più posto e serve un’altra medaglia! La festa è proseguita con lo spegnimento delle candeline accese sopra a torte dolci o salate portate dai membri con abbracci ed auguri. Quest’ultimi erano particolarmente indirizzati a chi aveva appena iniziato (Anna) e chi non ha ancora raggiunto l’anno di sobrietà, (Renato e Sabrina) che hanno ricevuto dai più anziani una candelina con tanto affetto e l’augurio sincero di proseguire nel percorso intrapreso. Il Gruppo “Speranza” di Guastalla compirà il prossimo 14 gennaio 16 anni di presenza a Guastalla, ideale luogo d’incontro anche da chi proviene dalla vicina provincia di MN. Data la numerosa partecipazione i compleanni degli anni a venire, saranno festeggiati nell’ampio salone che si trova al piano superiore perfettamente reso agibile l’estate scorsa.
Troppo alcol per 8 milioni di italiani di età superiore agli 11 anni, ma appena il 10% dei bevitori a rischio è intercettato e seguito dai servizi sanitari territoriali. L’allarme sul consumo eccessivo di alcolici nel nostro Paese, è stato lanciato ieri in occasione dell’Alcohol Prevention Day promosso dall’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore della sanità. Sebbene in Italia il consumo si sia ridotto negli ultimi tempi, attestandosi a 6,1 litri di alcol puro pro capite all’anno, sono ancora troppo pochi i consumatori che assumono quantità “dannose” di alcolici (oltre i 40 grammi al giorno per le donne e più di 60 grammi per gli uomini, secondo i parametri indicati dall’Oms), conosciuti e seguiti dal punto di vista sanitario.
Stando alle stime dell’Osservatorio, gli italiani che bevono quantità dannose di alcol sono circa 720mila, ma nel 2014 appena 73mila alcolisti sono stati presi in carico dai 504 servizi o gruppi di lavoro per l’alcodipendenza identificati sul territorio. All’appello mancano, dunque, almeno 702mila consumatori dannosi che avrebbero necessità di trattamento e che, invece, sono completamente sconosciuti alle Asl. «Il 90% – conferma il direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Iss, Emanuele Scafato – resta sommerso, non riceve alcuna forma di trattamento in grado di arrestare la progressione del danno, di prevenire le complicanze e l’evoluzione verso forme più complesse di dipendenza». Secondo Scafato, per intervenire con efficacia andrebbe colmato il «grave debito formativo professionale» a carico dei medici, che «non sono formati dalle università» sul versante della prevenzione dell’alcolismo.
«Si tratta di una grave lacuna culturale che si traduce in un danno alla salute per decine di migliaia di persone – aggiunge Scafato –. Un’indagine dell’Unione europea ha evidenziato che soltanto un medico italiano su tre fa uso nella pratica clinica del metodo Audit (Alcohol use disorder identification test), come strumento ordinario di screening. In buona sostanza – sottolinea l’esperto – anche loro sottovalutano un problema che, come vediamo, ha invece dimensioni molto preoccupanti. L’Istituto superiore di sanità è pronto a offrire e proporre alle Regioni la formazione standardizzata di valenza europea e internazionale».
A rischio, come confermano anche i dati diffusi dall’Istat, sono ancora una volta i più giovani. Il “binge drinkers”, il bere per ubriacarsi, rimane una pratica molto diffusa tra i ragazzi dagli 11 ai 25 anni d’età: in totale sono 3,3 milioni. Di questi 110mila hanno dagli 11 ai 17 anni, 250mila tra i 18 e i 20, 43mila tra i 21 e i 25 anni. «Il 17% di tutti gli intossicati da alcol che arrivano ai Pronto soccorso ha meno di 14 anni», ricorda Scafato, che rilancia la necessità di fornire a questi ragazzi «modelli adulti che siano d’esempio ». «La cultura del bere ha bisogno di essere ripensata – conclude Scafato – mettendo le persone nella condizione di compiere scelte informate, come da anni ci chiede di fare anche l’Europa».