Un patrono moderno

Anche nel terzo millennio il ricordo di San Cassiano ha qualcosa da dirci.

Il 4 maggio 1603, nel XIII centenario del suo martirio, le reliquie di san Cassiano vennero accolte nella nuova Collegiata di Novellara (inaugurata nel 1567, pochi decenni prima) e sistemate sotto l’altare maggiore.
Le cronache dell’epoca descrivono questo evento con toni trionfalistici e solenni, come se da quel giorno la comunità dei novellaresi potesse sentirsi protetta da un’invincibile benevolenza celeste, contro le temperie che rendevano la vita dei nostri padri assai più precaria della nostra. Sono passati più di quattro secoli da quell’evento. Le reliquie di San Cassiano ancora riposano sotto l’altare della Collegiata nel bellissimo e prezioso cofanetto d’argento che le custodisce. Ma per la nostra generazione non hanno più il fascino e il vigore simbolico di un tempo.
Non è più ad esse che guardiamo quando cerchiamo un centro di unità della nostra convivenza. Il pluralismo delle etnie, culture e religioni che abitano il nostro paese ci obbliga piuttosto a volgerci alla carta costituzionale come fonte di convivenza e di identità comune. Non è più dalle spoglie mortali di un santo che ci sentiamo protetti nella nostra quotidianità: alle terribili inquietudini della pandemia hanno risposto la scienza e le istituzioni sanitarie; di fronte alle incertezze sul futuro dei nostri risparmi invochiamo il responso dei consulenti finanziari; allo sfacelo delle guerre insorgenti opponiamo la risolutezza delle formazioni politiche locali e internazionali.
Eppure abbiamo la sensazione che queste soluzioni siano buone, ma non bastino. Permane nel nostro intimo un senso di smarrimento di fronte agli sconvolgimenti della storia che ci rendono fragili ed impotenti, simili ai nostri padri, per i quali non troviamo risposta nelle soluzioni degli esperti e nel mercanteggiare dei contendenti. Il vistoso miglioramento delle nostre condizioni di abitanti del pianeta e di quel frammento di crosta terrestre che è la piccola Novellara, ci restituisce un sentimento di precarietà e di disillusione di fronte a tutte le soluzioni mirabolanti che il nostro tempo propone. Non ci sentiamo più fratelli tra noi perché il Web ci ha connessi, né più sicuri perché il diritto ci garantisce. La vita non ha più sapore da quando possiamo contare sulle case protette per i vecchi e sugli asili per i piccoli. Resta dentro di noi un impulso ad un “di più” che chiede una risposta dal cielo.
La fede dei nostri padri nella protezione data dalle spoglie mortali di un santo ci stimola una smorfia di compatimento per la loro ingenua fiducia. Al posto delle solenni processioni nella nostra piazza oggi vanno in scena le luci e i suoni delle giostre della fiera che ammaliano i nostri bambini. Ma dentro al cuore ci rimane la domanda se questo volgersi al cielo per addomesticare i guai della terra fosse così arcaico, così superato, da non meritare un momento di silenzio, un raccoglierci attorno al nostro cuore e chiederci quali sono le domande che egli custodisce.
Non sarà nelle spoglie mortali di un santo che troveremo risposte, ma nelle recondite profondità del nostro cuore che anela a qualcosa di più grande delle sicurezze terrene.
Sapere che diciassette secoli fa un uomo fragile e povero come noi ha sfidato una storia avversa, con la sola forza della fede, può aiutarci ad abitare il nostro tempo.
Buona sagra di san Cassiano a tutti.

Don Giordano

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