Gentile Direttore, nei miei anni lavorativi a reddito fisso ed ora in pensione, ho sempre pagato regolarmente le tasse seguendo il detto evangelico <<Date a Cesare quel che è di Cesare e….>> però non mi sento furbo ma bensì talvolta un fesso. Nessuno, o quasi, ha il coraggio di dire che siamo largamente una società di ipocriti che ruba il presente a se stessa e ai propri figli. E che vilmente, con disonestà intellettuale negli argomenti di dibattito pubblico quando si cerca di argomentare la necessità di far pagare le tasse a quella categoria di evasori o elusori, mette in campo la retorica <<l’evasione di necessità>> del piccolo commerciante, del giovane che avvia una partita Iva e interi comparti che statisticamente le tasse le evadono o le eludono in misura che non ha pari nel mondo civilizzato. E ogni volta che si parla di qualche misura che contrasti in modo più incisivo l’evasione, tira fuori lo <<Stato di polizia>>, <<Ministro Dracula>> ecc.. Argomento patetico in un Paese che non riesce neanche a pagare come meritano i poliziotti e i carabinieri per l’ordinaria amministrazione della sicurezza pubblica. Studi che nessuno può smentire, dicono ad esempio che l’Irpef pesa sempre di più su lavoratori e pensionati, fino all’ 83% mentre negli ultimi 15 anni è invece calato il contributo di autonomi, imprenditori e beneficiari di redditi da partecipazione. Il messaggio <<meno tasse>> funziona nei confronti di tutti, perché dice al Paese dei “fessi” che le pagano “avete ragione non se può più”, e al Paese dei furbi “state tranquilli, non ve le farà pagare nessuno”. Occorre forte determinazione e impegno dei governanti nel perseguire grandi ma soprattutto piccoli evasori, coraggio nel non aver timori del voto. Solo così l’Italia sarà un Paese che cambia solo se cambierà su questo terreno. Il resto sono parole, parole e chiacchiere.
Paolo Pagliani