Abbiamo perso la pazienza. In una società come la nostra che vive con la frenesia, che non sa attendere, che vuole tutto <<in tempo reale>>, che inveisce se è in fila e l’altro non si sbriga, che <<non ha tempo>>. L’invito alla pazienza può sembrare una stravaganza <<da orientali>> che non hanno niente da fare come si è soliti dire. Non c’è bisogno di scomodare scienziati o psicologi per comprendere le ragioni della nostra progressiva perdita di pazienza. Gli stessi intervistati, tre su quattro, l’hanno attribuita alla gratificazione istantanea cui ci hanno abituato Internet, smartphone e tv on demand. Lo stress psicofisico causato dal modo di vivere contemporaneo è così alto, che è più facile arrivare al livello di saturazione e perdere le staffe anche nei luoghi pubblici. Secondo un’indagine, si comincia a protestare dopo 14 minuti se un piatto al ristorante non arriva, dopo 13 se il nastro bagagli all’aeroporto non comincia a muoversi, dopo 8 se il cameriere in un ritrovo affollato non ti dà retta, si arriva alle aggressioni al pronto soccorso. La rabbia della gente oggi si esprime con maggiore intensità – dice lo psicoterapeuta – ed è una conseguenza del contagio emotivo di cui i social media sono in parte responsabili. La pazienza era considerata una virtù che dava tempo al tempo. Oggi sembra diventata – caro direttore – solo l’inutile virtù di chi ha tempo da perdere. Dovremmo avere la pazienza dell’ asino, l’animale più disprezzato ma anche utile e semplice, che con questa qualità importante, in modo implicito, trascina con sé altre virtù.
Cordialità
Paolo Pagliani