Caro direttore, erano circa un migliaio le persone che hanno partecipato al pellegrinaggio da BO alla Madonna di San Luca pregando che la malattia di Sinisa venga debellata. Quando l’allenatore del Bologna ha detto, in una drammatica conferenza stampa, di avere la leucemia, tutti hanno avvertito una scossa come se quel male si fosse impadronito di una parte di loro. Ci vuole coraggio a mettere in piazza le proprie cose.
Specie se dolorose. Lui non ha nascosto emozione e lacrime. Ha mostrato la debolezza ma pure la forza di non arrendersi, di aggredire il male e vincerlo, così come insegna a fare in campo ai suoi giocatori. Sinisa sta giocando un’altra partita con grande dignità, affermando il legame con la vita, con la sua famiglia, i collaboratori e con tutti coloro che gli vogliono bene. Lo ha detto lui stesso con parole piene e dense, dritte ed esplosive come erano i suoi calci di punizione. Ha salvato il Bologna dalla retrocessione entrando nel cuore dei tifosi, ora deve salvare se stesso. Un’altra impresa ancor più importante. Difficile farcela da soli, c’è bisogno di medicina, forza di volontà ma anche di tanto altro. E di tanti altri. Cercando facce amiche a cui chiedere aiuto e non pacche sulle spalle. E’ anche questo a sconvolgere e suscitare non solo commozione ma compartecipazione verso chi è messo alla prova. In tal moto umano cadono muri e si generano solidarietà e, persino, fraternità. Si abbraccia anche la speranza di una nuova vita.
Cordialità
Paolo Pagliani