IL PROGETTO DEL RICCO EPULONE

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Gentile direttore, molti buoni cattolici (anche quelli praticanti) sono d’accordo con il Papa sostenendo che fa bene a insistere sulla necessità di creare ponti e aprire porti. Ma nella situazione concreta attuale, troppi, considerano più opportuna e realistica la proposta leghista, che vuole i “porti chiusi” perché l’Italia non può ospitare tutti gli immigrati che sbarcano sulle sue coste. E’ questione – dicono – di buon senso. Il cuore può essere grande ma le braccia non possono accoglierne così tanti.. Non si è capita una verità semplicissima. Non si parla delle barche di migranti (o naufraghi) ma dal principio universale e realissimo della destinazione a tutti dei beni della terra, per evitare che ci sia chi sguazza nell’opulenza e chi muore di fame. Spetta all’intelligenza e al cuore dei responsabili della cosa pubblica inventare i modi adatti, che non sono certamente quelli del ricco Epulone che chiude le porte a Lazzaro. Se c’è è da far voce grossa e mostrare i muscoli non è con i deboli che non hanno voce, ma con i potenti che rifiutano di collaborare, evitando di disertare le riunioni organizzate dalle nazioni europee per discutere il problema. Risulta abile la riflessione sul detto “prima gli italiani” che unisce dividendo. Se è logico questo egoistico principio, che è stato consigliato da un Ministro all’arcivescovo di Torino, è altrettanto logico il principio: in Emilia prima gli emiliani; e a Reggio Emilia prima i reggiani; e a Gavassa prima i gavassesi; e tra le famiglie gavassesi quelle della mia famiglia; e nella mia famiglia, prima il mio io. Così non esiste nessuna comunità ma tanti piccoli io che guardano con sospetto tutti gli altri, perché possono restringere lo spazio vitale del proprio io che si allarga sempre di più. Era il progetto del ricco Epulone e non proprio di Qualcuno lassù.

Cordialità
Paolo Pagliani

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