Gentile direttore, piccolo o grandissimo, artistico o casalingo il presepe riassume lo spirito del Natale. Ed è bellissimo prepararlo insieme, lavorare la carta stagnola per il cielo e il laghetto, decidere in che ordine mettere le pecore, trovare il posto giusto, magari un po’ nascosto, per il pastore addormentato. Si riscopre l’importanza della famiglia, prepara il cuore alla festa, si sente il desiderio di dividere con chi ha meno. Il presepe ci dice proprio questo: che abbassarsi rende grandi, che tutti sono invitati alla Festa e che gli ultimi, i più soli, saranno i primi. Stupisce e fa male vedere il presepe impugnato come un bastone, diventare “segno” che divide, sentir dire che è un obbligo farlo, che chi non lo accetta va considerato straniero e non ha posto tra noi. Il suo messaggio è semplice, per capirlo basta avvicinarsi guardando la povertà della mangiatoia, la grotta fredda. No, il presepe non è un muro di separazione ma una lezione di ospitalità, il coraggio dei miti opposto all’arroganza dei forti, l’abbraccio che si stringe al petto chi non ha voce. I poveri, gli stranieri, gli ultimi, gli scartati.
Buone Feste
Paolo Pagliani