
Gentile direttore, il tema delle fake news e della post-verità da un anno tiene banco sulla scena della comunicazione e della politica. Una prestigiosa rivista internazionale ha definito la post-verità come un appello alle emozioni e alle credenze personali, contrapposto al riferimento a fatti oggettivi, che gioca oggi un ruolo decisivo nel <<formare l’opinione pubblica>>. Questo uso distorto della facoltà di comunicare, in pratica, è alla base delle “notizie false” o “fattoidi” o “bufale”, sempre più diffuse anche grazie a internet e ai social network. Negli ultimi anni la globalizzazione e la digitalizzazione hanno incrementato la diffusione e la velocità di circolazione delle fake news a livello planetario, favoriti dal successo di movimenti politici poi dalla vittoria della Brexit quindi dalle elezioni americane. Le ricerche dicono che è più vulnerabile chi ha un basso livello di istruzione e un minor grado di autostima e più esposto è anche chi può accedere a un numero ridotto di fonti informative. Queste fake news non solo solo bufale, cioè fatti inventati per creare confusioni o suscitare reazioni forti ma anche di notizie ritenute vere dai professionisti della comunicazione e poi risultate false. Un fenomeno sostiene il Papa, che può generare conflitti e far crescere l’odio, proprio come fece l’astuto serpente ingannando prima Eva poi Adamo. La verità, continua il Pontefice, non è solo <<dire cose vere>> ma è prima di tutto entrare in relazione con gli altri. I giornalisti quindi hanno una grande responsabilità con il loro lavoro, perché ricercando la verità hanno la possibilità di generare fiducia e aprire vie di comunione e di pace.
Cordialità
Paolo Pagliani
Paolo Pagliani