Il 30 aprile si terranno le primarie per eleggere il segretario nazionale del Partito Democratico. Dopo le convenzioni dei circoli, riservate agli iscritti, i candidati a segretario sono Andrea Orlando, Michele Emiliano e Matteo Renzi.
Invito tutte le elettrici e gli elettori del Partito Democratico a partecipare alle primarie, dando il loro contributo per una scelta fondamentale per il futuro del PD, del centrosinistra e del Paese.
Il mio sostegno a uno dei tre candidati l’ho già manifestato in più occasioni e non mi sembrerebbe corretto ribadirlo in questa sede.
Mi pare però doveroso evidenziare che non si tratta solo di una conta, di una gara, ma che sono in gioco essenziali questioni politiche.
Siamo in una fase storica in cui non si può dare per certo nemmeno la garanzia di futuro per i sistemi democratici che abbiamo fin qui conosciuto. I problemi di aumento dell’astensionismo alle elezioni esprimono l’idea di tanti cittadini sulla inutilità del voto. Vinca un candidato, uno schieramento politico o un altro pensano che di fatto non vi saranno differenze evidenti per la loro vita.
Non basta pensare e dire che non è così. Bisogna convincere questi cittadini che la politica e la democrazia sono utili. E allora questo Congresso (lo chiamo ancora così) deve dare alcune risposte.
Sul mondo e l’Europa, sull’Italia e sul PD.
Parto dai problemi assillanti di questi giorni. La paura di nuove guerre, sull’onda di nazionalismi e populismi, che di fatto sono i nuovi fascismi. La paura per ciò che significano i rischi per la vita dei comuni cittadini derivanti dal terrorismo internazionale. Le paure per gli effetti delle ondate di migrazioni, non elementi contingenti, ma aspetti strutturali con cui fare i conti nel presente e nel futuro. Solo rafforzando l’Europa, quell’Europa che ci ha garantito 70 anni di pace, possiamo avere possibilità di fermare guerre e terrorismo e di saper governare le migrazioni. Per farlo non basta tuonare contro i tecnocrati europei. Loro hanno potere perché la politica non fa pienamente la sua parte. Per non rinunciare al ruolo della politica, il PD deve assumersi la responsabilità di far pesare la sua forza nel PSE, affinché il PSE chiami tutti gli iscritti a pronunciarsi sui valori di fondo, che non sono gli stessi in ogni Paese, e affinché il PSE allarghi le sue alleanze con tutte le forze europeiste.
Sull’Italia. La sconfitta al referendum non si può archiviare come un incidente di percorso, continuando a testa bassa e riproponendo la continuità con quanto fatto in questi anni come il bene assoluto. Nemmeno l’opposto ci serve. Ci serve però ragionare su come non essere autoreferenziali, ma fare del dialogo con la società il nostro modo normale di operare per assumere le decisioni. Ci serve ragionare su come accompagnare le giuste rivendicazioni dei miglioramenti ottenuti per i cittadini con la nostra azione di governo con l’evidenziazione, altrettanto necessaria, dei problemi che restano aperti e su cosa fare per una maggiore uguaglianza. La sofferenza non va nascosta, ma espressa per far capire come il PD vuole stare e concretamente sta dalla parte dei più deboli.
Per questi obiettivi probabilmente il PD non basta, ma occorre ricostruire l’unità delle forze di centrosinistra con cultura di governo.
Infine il PD, il Partito. E’ oggettivamente messo male. Calo degli iscritti e forte riduzione della sua attività politica e della sua capacità di dialogo con la società. Il centrosinistra non può fare a meno del Partito, ne’ viverlo come una somma di correnti e di comitati elettorali. O questo congresso dà una risposta alla volontà di affrontare la questione di come organizzare un partito moderno o mancherà a una sua funzione essenziale e ne pagheremo il prezzo quando si pronunceranno non i soli iscritti o i soli elettori del PD, ma tutte le elettrici e tutti gli elettori. Occasioni vicine. Speriamo di non dovere poi ricominciare tutto da capo.
On. Maino Marchi

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