Gentile direttore, il presupposto della sobrietà è il recupero del senso di sufficienza, cioè di sazietà. Oggi viviamo in un sistema che ci invita a consumare sempre di più e a forza di ingozzarci abbiamo sforzato, fino a romperli, i meccanismi che ci danno il senso di sazietà. In altre parole, ci pare di avere sempre “fame” e consumiamo in maniera scandalosa contro ogni logica igienica e del buonsenso comune. Dobbiamo riportare i nostri consumi entri i limiti della ragionevolezza riconoscendo quali sono i nostri bisogni che portano al concetto di sufficienza. C’è da confessare che questo non è facile, perché non esiste un criterio scientifico per definirne la misura. Che cos’è il necessario e il superfluo? Cent’anni fa, telefonarsi era ritenuto un bisogno superfluo. Oggi non potremmo pensare alla nostra vita senza telefono. Può essere trovata la giusta misura dei nostri consumi se utilizziamo contemporaneamente tre guide: il buonsenso, l’attenzione per l’ambiente e un occhio vigile su tutte le dimensioni umane. Se lo scopo dei nostri acquisti fosse quello di nutrirci, di ripararci dal freddo, di passare bene delle ore, acquisteremmo il poco cibo che serve, i pochi capi d’abbigliamento per essere sempre puliti, qualche libro, una radio. Invece abbiamo i frigoriferi stracolmi di cibo, gli armadi traboccanti di vestiti e di scarpe, stereo all’ultimo grido, una montagna di cd. Erich Fromm, un celebre psicologo, ha scritto: “L’atteggiamento del consumismo è quello dell’inghiottimento del mondo intero. Il consumatore è un eterno lattante che strilla per avere il poppatoio”. Il significato è la foga con cui compriamo che viene paragonata alla stessa funzione che ha il biberon per il bambino; serve a rassicurarci e a compensare le nostre insoddisfazioni. Osserviamo i bambini: ogni volta che sono rimproverati, che ricevono uno spintone da un coetaneo, che sentono i genitori litigare, cercano il ciuccio o il biberon. Trovano in questo il piacere che non provano nella vita a causa di un rapporto umano lacerato. In noi la proposta consumista ha attecchito assai bene, facendoci credere che la nostra felicità passi solo attraverso il possesso ignorando così le altre dimensioni umane: la spiritualità, la gratuità, la socialità e l’affettività. Queste, inappagate, generano un senso di insoddisfazione che tentiamo di mettere a tacere con il solo metodo che conosciamo: la corsa agli acquisti.
Cordialità
Paolo Pagliani