Gentile direttore, lo stress – o meglio gli stress, di tutti i tipi – di cui graviamo i rapporti umani sembrano moltiplicarsi in una epoca come la nostra, in cui la gente sembra particolarmente interessata all’amicizia, al cameratismo, alla comunione. Mentre libri e articoli di riviste divulgano ogni sorta di soluzioni alle nostre difficoltà relazionali, più che mai le famiglie si spezzano e si sbandano. Sono sempre meno le giovani coppie che crescono circondate dal sostegno di una grande famiglia unita. Viviamo in un’epoca di grande disordine e disperata solitudine. E malgrado tutti i consigli della psicologia divulgativa, tutti i corsi sui rapporti interpersonali, tutti i seminari e le conferenze su come portare avanti rapporti sani, spesso non siamo felici. Gran parte delle nostre sofferenze viene dalla presente solitudine acuite dalle nostre pretese elevate. Formidabile è quel paragone che uno psichiatra pone sulle relazioni interpersonali all’intrecciarsi delle dita di due mani. Le dita possono intrecciarsi solo fino a raggiungere il punto di stallo. Poi l’unico movimento possibile è a ritroso e tra le dita strettamente serrate si crea frizione e persino dolore. Totalmente diversa un’altra immagine di fede cristiana dove si vedono due mani giunte, parallele, in atto di preghiera, che additano qualcos’altro da se stesse e sono libere di muoversi, pur restando l’una in rapporto con l’altra. Solo in questo modo un rapporto può essere davvero duraturo, perché solo in questo maniera si sperimenta un amore reciproco, un amore che partecipa dell’amore più grande e prioritario a cui rimanda.
Cordialità
Paolo Pagliani