
Gentile direttore, questa è una domanda fatta da Papa Francesco in occasione di un incontro con pellegrini che risulta semplice e spiazzante invitando a riflettere. Non è facile rispondere in quanto opinioni e atteggiamenti sono molteplici. Sicuramente non è un momento di ebbrezza che un bicchiere di troppo regala in una serata di festa, oppure una pastiglia presa in discoteca dai giovani per ballare più forte fino a…morire di divertimento. Credo che la gioia possa diventare uno
stile di vita, una manifestazione interiore, un modo per interpretare l’esistenza. Sono altresì consapevole che avvenimenti, episodi, più in generale della vita, influiscono sugli equilibri di ciascuno di noi. Ma con un po’ di gioia dentro, forse, si possono affrontare meglio le salite più dure e i momenti più bui. Oggi, al contrario, siamo pervasi di dolore, sofferenze, disperazione e tanta cattiveria che trasforma tutti, anche i meno anziani. E sempre più spesso il mondo degli adulti è impegnato a urlare, ad alzare la voce, mentre i silenzi di numerosi giovani fanno molto rumore, macinano pensieri che ritroviamo poi sui social media, enfatizzati e fuori controllo quando è troppo tardi. Raccontiamola e raccogliamola la gioia per seppellire una parte delle notizie tristi, gli episodi cruenti di cronaca. Raccontiamo l’altra gioia, quella che non si vede nei tg, quella che spaventa chi si compiace del terrore, dell’odio, della violenza, solo perchè vuole avere qualcosa di cui lamentarsi. La gioia non è ebetismo! La gioia sta anche nelle difficoltà, nella politica dei piccoli passi, nel sentirsi parte di una comunità che fa parte del mondo e non può escluderlo.