Le sarà capitato, gentile direttore, di osservare in un giardino ciò che si svolge tra un nonno e un bambino. A me tante volte e ne sono sempre rimasto incantato. Il bambino parla e il nonno lo ascolta, senza lasciarsi scoraggiare da parole incomprensibili o frasi sconnesse, preso anche lui in una sorta di cerchio magico in cui ciò che conta è lo sguardo fiducioso del piccolo e la stretta della sua manina. Questo per quanto riguarda i più piccoli mentre per i più grandi leggere insieme o risolvere un problema di matematica, sono sempre occasioni imperdibili che contrassegnano un rapporto straordinario di fiducia. Si confidano con loro, si fanno coccolare, inventano insieme giochi spesso sconosciuti ai genitori, chiedono la loro intercessione per ottenere qualcosa che a loro era stata negata. Capita spesso che i genitori siano critici nei confronti dei nonni, accusati di essere toppo permissivi; <<lo vizi troppo>> è il solito ritornello. Anche Papa Francesco nei mesi scorsi ha dichiarato: <<Non andare a trovare i nonni è peccato mortale>>. Veniale o mortale non importa, cò che conta è che sia stato messo il dito su una questione fondamentale, quella del rapporto tra generazioni. Si tratta infatti di una delle poche valvole di sicurezza nei confronti delle distorsioni di cui soffre la nostra società, nella quale la carta dei valori sembra diventare sempre più sbiadita. E per i nonni questo rapporto intergenerazionale significa moltissimo come non rinunciare a cogliere il dipanarsi della vita, significa riuscire a fare in modo che il presente, inevitabilmente impoverito, e il futuro, inevitabilmente ridotto e incerto, siano riscattati da un tesoro accumulato, un passato che continua a farsi presente e che permette di sentirsi ancora vivi e utili anche se le forze cominciano a venire meno.
Paolo Pagliani