
Gentile direttore, la banalità della programmazione estiva, televisiva e radiofonica non è nuova e ci fa comprendere l’abisso culturale su cui naviga l’emittente di Stato. Di nuovo c’è la storia che avanza inattesa e inesorabile verso lidi sconosciuti: Isis, Lampedusa, la crisi serissima dell’UE, xenofobia e nazionalismi montanti, i nostri figli che guardano all’estero, la Grecia che affonda e altro ancora. Nel mentre succede tutto questo, si mandano in vacanza giornalisti e conduttori, anchorman e registi, si chiudono programmi di approfondimento, dibattiti, talk show che nel bene e nel male informavano sull’attualità, si riducono edizioni e si spostano orari attingendo a fondi di magazzino con repliche e film da anni 50, sopperendo con la gastronomia di una Italia pensata crapulona e con la cronaca nera di un Paese supposto amante del trucido. Non è un palato esigente il nostro. Credo molto di più che l’opinione pubblica italiana da Casina in su, abbia il diritto di non vedere e sentire ovvietà, assieme a quello di essere informata anche d’estate. Il canone lo paghiamo per 12 mesi non per 10!