Gentile direttore, il proliferare della guerra, di tutte le guerre – da quelle combattute con le armi a quelle non meno mortali fatti con le parole – non si può fermare con un’altra guerra. Il drammaturgo B.Brecht ammoniva che: “l’utero che partorisce la guerra è sempre gravido”. Imporre la pace, o almeno la giustizia, con la guerra è un controsenso che ha del grottesco, anche se noi spesso pensiamo e ci raccontiamo che non si può fare diversamente, che è “il male minore”. Pace è la parola sanscrita, che indica legare, unire, saldare. Non è assenza di ostilità, né pura quiete ma unità viva, vita piena, salvezza. La pace è il frutto dell’alleanza. E non è mai una condizione individuale (come quando diciamo a qualcuno di “lasciarci in pace” per non essere disturbati), ma un bene comune, del quale partecipare e sentirsi responsabili. E’ all’incrocio di quei due legni, orizzontale e verticale, della croce che si compie per noi la profezia annunciata: “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno”.
Un augurio di Pasqua serena
Paolo Pagliani