I PECCATI DI GOLA

gola
Gentile direttore, passeggiare per le vie di una città in questo tempo già segnato dai simboli natalizi è come fare un pellegrinaggio pagano nella terra di Bengodi. E’ anche un modo per imparare quante cose non necessarie siano contrabbandate come indispensabili. Naturalmente, oltre alla vista, è soprattutto la gola ad essere catturata; Carlo Goldoni affermava che << la gola è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce quanto più l’ uomo invecchia>>. Certo, il cibo non è mai stato solo un semplice mezzo di sopravvivenza ma ha sempre trascinato con sè suggestivi significati simbolici di amicizia, di condivisione umana, persino di fascino e bellezza. C’è, però, sempre in agguato – come in tutte le realtà usate dall’uomo – l’eccesso, il peccato di gola, divenuto uno dei vizi capitali, bollato anche da Dante e da una schiera immane di scrittori, predicatori e moralisti. Che questo vizio non finisca mai, anzi, si acutizzi persino nella vecchiaia quando dovrebbe presumibilmente spegnersi, ce lo ricorda quel forte film del 1973 dal titolo emblematico “La grande abbuffata” di Marco Ferreri. Senza voler ripetere le pur fondate querimonie sullo spreco, sul consumismo, sulla sfacciataggine del benessere che celebra le sue idolatriche liturgie proprio in questi giorni sacri, dobbiamo un po’ tutti riconoscere la necessità di una maggiore sobrietà. Non però, per semplici motivi dietetici, bensì per guardare a margine di quelle strade e città dove si accampano tanti che non hanno neppure il minimo per un pranzo di mera sopravvivenza.
Con stima
Paolo Pagliani
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