
Gentile direttore, ho letto fresche statistiche le quali analizzando la frequenza della distribuzione e nel ricorrere di cinque parole (dolore, ansia, stress, depressione e fatica), mettono in luce come la giornata natalizia rappresenti quella più lieta e gioiosa dell’anno. A dispetto di tanti, (tendenze recenti e permanenze di lunga durata), l’e i dispositivi simbolici che avvolgono il Natale continuano a farne una festa. Sicuramente, nostalgia di tempi belli vissuti da bambini, nell’affetto della famiglia e aspettando di scartare i regali ma anche un amarcord fattosi tanto più forte ed impellente in quest’età liquida, ipertecnologica ed estremamente precaria. In un ceto medio sempre più affaticato e che sperimenta sulla propria pelle forme di insicurezza ed impoverimento, si nota l’esigenza di pace e serenità che si associa in primis al Natale che sembra prevalere sullo stress da compere e shopping, causata da quella crisi che ha drasticamente ridotto gli slalom tra negozi e centri commerciali. Si impenna allora il desiderio di trovare nelle nostre esistenze, un’oasi di felicità che per la prima volta restituisce al Natale quella festa comunitaria, di letizia, religiosa o rilassante sopravanzando il connotato consumismo che aveva largheggiato sino a poco tempo fa. L’augurio è di ritrovare una tensione verso i valori più alti, abbandonando il chiuso orizzonte dell’egoismo e sollevandosi dal pantano della banalità e della superficialità.