La Novellarese DAVOLIO BARBARA alla Maratona di New York

DAVOLIO BARBARA

6 novembre
Ci siamo! Sveglia ore 4,15 Posso fare con tutta calma …..Colazione con yogurt cereali te e crostatina, ecc ecc, mi vesto e mi trovo con Davide il mio compagno di viaggio, per lui la sua quinta maratona a new york siamo sul bus che ci porterà a Battery Park. C’è molto silenzio, forse per l’ora, forse per la tensione. La città che non dorme mai è ancora assonnata, ma in giro si vede movimento: oggi è una giornata particolare, decine di migliaia di persone si stanno muovendo, tutte per raggiungere lo stesso punto: Staten Island, il Ponte di Verrazzano. Arrivati a Battery Park scendiamo dal bus per prendere il traghetto; bellissimo lo skyline di Manhattan all’alba visto dal mare.
Transitiamo proprio davanti a Ellis Island (dove all’epoca dell’immigrazione venivano radunate le persone che giungevano a New York in nave, in cerca di fortuna) e all’ isoletta dove maestosa si erge la Statua della Libertà. Un occhio a questo simbolo degli States, ed ecco in lontananza il Ponte di Verrazzano: da quanti anni sognavo questo momento! Scesi dal traghetto saliamo su uno dei bus pubblici messi a disposizione per i maratoneti, e ci arriviamo verso la zona di partenza. E’ ora di scendere, per avviarci verso la nostra zona.
La partenza sarà scaglionata: prima “onda” alle 9.40, seconda alle 10,10 (la mia), la terza (quella di Davide) alle 10.40. Le zone sono suddivise di conseguenza, io sono in quella arancione. Anche qui l’organizzazione è assolutamente impeccabile. Sfortunatamente le previsioni meteo si sono rivelate azzeccate, fa molto freddo ma c’è un bellissimo sole. Noi siamo preparati, abbiamo tute pesanti che poi butteremo, ma comunque stare fermi per più di 3 ore con 2-3 gradi non è il massimo. Così cerchiamo di ingannare il tempo vagando qua e là, bevendo tè caldo e mangiando barrette e bagel, Davide è gentilissimo rimarrà con me fino alle 9 e poi mi saluta dandomi un in bocca al lupo e dicendomi di non mollare mai che in ogni caso si arriva fino alla fine ed una lacrima scende e s’incammina alla sua griglia.. Il mio obiettivo è chiaro, l’ho dichiarato molto tempo fa: primo, finirla sopravvivendo. Se sto intorno alle 4h sono strafelice. Di meno….. non è realistico. Da questo si capisce come io sia una podista alle prime armi…. Si vedrà, la Maratona è lunghissima, per me è la prima esperienza e quindi non ho riferimenti: sarà una scoperta dei limiti del mio fisico in questo sport che per me è nuovo, e chissà come reagirà.
Verso le 9,30 consegno la borsa con ciò che voglio trovare all’arrivo ai camion dell’UPS, divisi per numero di pettorale; speriamo in bene……Alle 9.10 partono le donne professioniste, alle 9.40 gli uomini professionisti e coloro che sono accreditati di tempi notevoli. Mi sembra incredibile: sognavo un giorno di partecipare alla Maratona di New York, ed eccomi alla partenza, a pochi minuti dall’inizio di questa incredibile avventura, perché questo si rivelerà. Di maratone ce ne sono tante nel mondo, ma questa è qualcosa in più, è una tempesta di emozioni in mezzo a milioni di persone che per un giorno ti fanno sentire un vero e proprio eroe: dal primo all’ultimo.
Finalmente ci muoviamo. Camminiamo per un po’, l’adrenalina è al massimo, buttiamo le tute e i giubbotti (verranno raccolti dai volontari e dati in beneficenza: bello, no?), ormai siamo in tenuta gara. Una curva, e ci appare il casello dove normalmente la auto pagano il pedaggio per passare sul ponte; poco più in là ecco la partenza vera e propria.
Ormai c’è un’euforia incredibile, tutti urlano, stiamo partendo sulle note di New York New York cantata da Frank Sinatra via si va… Siamo nella parte superiore del ponte, in lontananza si vede Manhattan, la mia meta. La strada è subito in salita, e ci sono persone che camminano fin dal primo metro: sarà lunga….. parto tranquilla almeno mi sembra ho deciso di non guardare il garmin fino al 25 ed andare a sensazione!! Discesa, e siamo a Brooklyn. Qui l’atmosfera è fantastica: 16-17 km di tifo continuo. Ai lati della strada si vede tutta l’umanità: ci sono tutti i colori di tutte le razze, vecchi e bambini, signore attempate che ti urlano “vai Italia!!”, complessini musicali improvvisati che suonano, poliziotti e i mitici vigili del fuoco che applaudono…. Eccola la Maratona di New York ! Ecco ciò che la contraddistingue dalle altre: una partecipazione popolare senza eguali. Noi purtroppo siamo abituati, nelle manifestazioni italiane, a quattro gatti che buttano un occhio 10 minuti, e a decine di imbecilli di automobilisti che, fermi agli incroci, ti insultano perché loro stanno andando a comprare il giornale in macchina, e tu, cretino di un podista, fai perdere tempo. E poi vanno allo stadio, gli “sportivi”…..
Nei lunghi mesi che hanno preceduto questo avvenimento, pensavo a come mi sarei comportata durante la gara: occhio sul cronometro, concentrata sulla strada, soffrendo km per km, il “muro” dei 30 km…. Niente di tutto questo: mi sono divertita a correre, nel vero senso della parola. E allora bando alle paure di non farcela; mi sono detta: ci sono e me la voglio godere! E così ho fatto, Corsa al margine della strada, a dare il cinque a decine di mani tese, con particolare piacere a quelle dei bimbi, a urlare tutta la gioia di esserci, a incitare il pubblico è una festa, una grandissima festa. Procedo con il mio passo, cercando di non esagerare: ai punti di ristoro (frequentissimi) prendiamo da bere acqua o Gatorade ma nulla da mangiare!!! Sulla scalinata di una chiesa c’è un coro gospel che canta: avrei quasi voglia di fermarmi per sentirli (i gospel mi piacciono da morire), ma oggi siamo qui per correre, e non si può, quindi tiriamo dritto. Facciamo tutta la 4th Avenue di Brooklyn, e le sensazioni sono ottime, non facciamo fatica.
In mezzo a questa festa sono arrivata alla mezza Maratona. Ma si sa, la vera Maratona comincia da qui in avanti, soprattutto a New York, dove la seconda parte è più dura della prima. Io sto bene al 25° km, vorrei mangiare ma non c’è nulla, solo il solito gatorade e acqua, procedo sperando di trovare qualcosa da mangiare al prossimo ristoro e la sagoma del Queensboro Bridge è ormai davanti a noi. Si tratta del ponte che collega il Queens a Manhattan. E’ una struttura di ferro, coperta, in salita, dove non c’è pubblico (non ci sarebbe spazio).. Siamo sulla sommità del ponte, ora c’è la discesa, e, lo sappiamo, l’apoteosi ci aspetta. Discesa utile a rilassare un po’ i muscoli, curva secca alla fine del ponte, e siamo sulla 1st Avenue. E questo è il Maracanà della corsa: circa 6 km di strada tutta dritta che ci conduce al Bronx, con una quantità di persone in delirio che non si può descrivere. E’ tutto un saliscendi, e quando sei sulle sommità vedi di fronte a te un fiume in piena di gente che sta correndo, tutti con lo stesso obiettivo: arrivare a Central Park e terminare la Maratona di New York. Ci si chiederà: perché? Mah, probabilmente per tanti motivi: per sfida con se stessi, o con l’amico, per dire “io c’ero”, per beneficenza…..47.000 persone che corrono insieme per 42 km in una delle più grandi città del mondo hanno tutte un buon motivo, e ogni motivo è sicuramente valido, altrimenti non ci metterebbero tutto questo impegno (che è solo l’ultimo anello di una catena lunga mesi di preparazione).
Arrivo al 30 km è finalmente vedo le mani porgermi dei gel e finalmente butto giù qualcosa ma mi rendo conto che è troppo tardi, procedo aspettandomi da un momento all’altro il muro e tra me e me dico non hai mangiato abbastanza Barbara ma via dai dopo anni di ciclismo sei capace a soffrire anche quando pensi di non farcela…
Fine della 1st Avenue, ponte metallico e siamo nel Bronx. anche qui il pubblico, sebbene minore che “al Maracanà”, non ti fa mancare il suo calore. Breve tragitto nel Bronx, altro ponte, e si torna a Manhattan per l’ultima parte. Attraversiamo Harlem. Siamo al 35-36esimo km, e io comincio ad essere stanca ma trovo delle banane bene bene. Ora ho una certezza granitica, non sono mai stata così certa in vita mia: arriverò al traguardo della Maratona di New York, e ci arriverò correndo.
Imbocchiamo la famosa 5th Avenue da nord, sulla parte che costeggia il Central Park a est. Qui c’è di nuovo un tifo clamoroso, ma io qui ci bado meno: adesso sì che sono concentrato a conservare tutte le energie per correre! Solo ogni tanto faccio segno al pubblico con il pollice all’insù che tutto va bene, che anch’io tra poco sarò un finisher. Entriamo in Central Park, da qui al trionfo mancano circa 4 km. Sono duri, è tutto saliscendi, e mi fanno male le gambe. Ma ho la certezza di arrivare.
40° km: Usciamo da Central Park sulla 59esima Street (che costeggia il parco da sud) ed è qui che faccio una cosa promessa il giorno prima a Davide, la promessa era che se trovavo un gruppo musicale che suonava una canzone che conoscevo mi sarei fermata e messa a ballare, lui non ci credeva, ma ecco che in lontananza sento shake shake in a baby now ed io mi fermo ed incomincio a ballare e sento la folla che urla yes barbara barbara italia …e mi carico per poter fare l’ultimo km, là davanti c’è il monumento di Columbus Circle, e so che, una volta lì, si rientra nel parco e dopo 600-700 m c’è l’arrivo. Ormai è fatta faccio la curva da un lato un palco enorme dove suonano la canzone degli europe it’s a final countdown Eccoci, 26esimo miglio, vediamo il traguardo, delirio !!! Mini salitina, mancano pochi metri, è fatta E’ FATTA!
Passo sotto la Finish line. Il tripudio, urla di gioia scatenate, una felicità immensa. Sono una maratoneta. Tempo: 4h04’. Meglio del meglio che potessi immaginare, nonostante abbia festeggiato con il pubblico per più di 30 km. Ma devo dire che è anche merito del pubblico, che mi ha letteralmente spinta fino al traguardo. Ed ecco i volontari che si apprestano a consegnarci la tanto agognata medaglia. Altri volontari ci danno la coperta in alluminio per ripararci: sì, ripara dal vento, ma dal freddo no…. Ci incamminiamo in questa specie di collo di bottiglia che è la strada verso i camion dell’UPS e verso l’uscita. Si vede gente a terra esausta, accudita dai medici, e si cammina lentissimamente, tutti in coda. Ci appoggiamo alle transenne, al settimo cielo. Mi viene molto freddo, comincio a tremare, non vedo l’ora di trovare la mia borsa. Ecco il camion; mi cambio e va subito meglio. Doccia, e siamo pronti per uscire a festeggiare naturalmente medaglia al collo.

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