Caro direttore,
“il credo” di queste festività appena trascorse, in questa nostra società, è riassunto nella frase ” consuma, consuma, consuma! “. I presupposti di questo “credo” sono: primo, ogni tipo di crescita è buono; secondo, meno costano le cose meglio è. Perciò è auspicabile setacciare il mondo alla ricerca del minor costo possibile, sia di manodopera che di materie prime; una volta esisteva il protezionismo ora vige la globalizzazione. Il cui credo è questo: non preoccuparti di come vengono prodotte le cose; preoccupati solo di consumarle. Un credo che assomiglia troppo alla parabola del ricco Epulone nella quale al povero Lazzaro non restavano nemmeno le briciole; è la cosiddetta economia globale. Questa iniziò negli anni ’80 rimuovendo le barriere commerciali producendo un iniziale effetto di crescita ma aggravò sempre più i problemi di disoccupazione nel nord del mondo, la povertà nel sud e il divario tra nord e sud. Massimizzare i profitti e minimizzare i costi ci porta dritti all’inferno in terra: la manodopera trovata e poi sfruttata non ha poi capacità di acquisto, perciò non può consumare. Ecco allora a chi può comprare, si chiede di comprare molto più del necessario e del superfluo, cioè di sprecare sempre più risorse. Il vero ” credo ” di questo sistema è “spreca, spreca, spreca! “, ancor più che ” consuma, consuma, consuma! “. Ma guardiamoci seriamente negli occhi: per quanto tempo possiamo ancora credere di andare avanti così? E per quanto tempo i poveri del sud del mondo riusciranno a pazientare?
Cordialmente
Paolo Pagliani
Novellara